Rompere le catene

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Oliviero Angelo
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Rompere le catene

Messaggioda Oliviero Angelo » 15/07/2011, 21:52

ROMPERE LE CATENE


L'uomo nasce senza una definizione: sa di essere, ma non sa chi sia. Entra nel mondo del tutto privo di definizioni, di categorie, di etichette; entra nel mondo in quanto libertà. E il compito di tutta la sua vita è definirsi, conoscere chi sia.
L'uomo è il solo animale che pone l'interrogativo: "Chi sono?". Lui solo può farlo, perché tutti gli altri animali hanno una chiara definizione. Una rosa è una rosa e un cane è un cane; un uomo non è semplicemente un uomo.
L'uomo possiede in sé molto di più, è infinitamente più vasto. La rosa è un fenomeno chiuso, definito, un uomo è sconfinato. La rosa è prevedibile, l'uomo non lo è altrettanto: nessuno può dire cosa sarà. Qualcuno oggi può essere un peccatore e domani diventare il santo per eccellenza, o viceversa.
L'uomo resta qualcosa di aperto, è liquido, fluisce: è più simile a un processo che a una cosa definita. Questa è la sua gloria e la sua miseria, poiché spasima continuamente al fine di conoscere chi egli sia. E ancora e di nuovo inciampa nell'oscurità del suo essere. Il suo essere non è illuminato, da qui la ricerca, l'indagine.
E' bene comprendere l'essere umano da questo punto di vista, perché è solo da questa comprensione che si può iniziare a operare per raggiungere una definizione, una realizzazione, per conseguire la verità.
Quando dico che l'uomo nasce senza una definizione, intendo dire che non nasce fatto e finito. Ciò che affermano gli esistenzialisti è vero: dicono che nell'uomo l'esistenza precede la sua essenza. In un albero prima viene l'essenza, poi l'esistenza. E la stessa cosa vale per qualsiasi altra cosa, prima viene l'essenza: il seme, il programma esistenziale, il disegno di fondo. Prima viene l'impronta, poi questo "blueprint" si sviluppa e diventa esistenza. Per l'uomo non è così.
Nell'uomo accade l'esatto opposto. Prima inizia a vivere, senza alcun programma, senza alcun disegno di fondo, senza essere programmato in alcun modo. Inizia semplicemente a vivere come un nulla, come un nessuno. Poi, piano piano, deve creare la propria identità, deve creare se stesso. Deve darsi una forma... da qui l'ansia. Forse ci riuscirà, forse non ci riuscirà: chi può dirlo? L'uomo non ha alcuna garanzia.
Un cane ci riesce, è inevitabile: diventerà un cane, in lui non esiste altro. Un pavone non teme di fallire. Una tigre non si deve preoccupare, non occorre che soffra d'insonnia: è già ciò che può essere.
L'uomo non è ciò che può essere, è solo un inizio, e la fine resta ignota. L'uomo non viene al mondo con un programma, non nasce fatto e finito: nasce in quanto assoluta libertà. Dunque la responsabilità è enorme; se così non fosse, si continuerebbe a mancare la propria anima. Si ha un'immensa responsabilità nei propri confronti: non ci si sentirà mai appagati, si rimarrà sempre vuoti. Se non inizi a scoprire, a creare, a inventare, se non inizi a operare per dare forma al tuo essere, rimarrai una semplice esistenza priva di un'essenza.
E' ciò che accade a milioni di persone. Quella gente non ha un'anima: certo esiste, ma la tua esistenza non ha alcun appagamento, alcuna realizzazione, alcuna gioia. Questo è lo stato di angoscia esistenziale, di tensione e infelicità; ciò che il Buddha definisce "dukkha", l'infelicità assoluta.
La beatitudine nasce quando si è usciti dall'oscurità, quando si è acquisita una definizione, quando ci si è illuminati: possiedi una fiamma interiore e sai chi sei. Sapendolo, hai trovato la tua casa, altrimenti resti uno straniero, alla perenne ricerca di una casa, senza sentirti mai a casa da nessuna parte. Resti un viandante che non conosce riposo; infatti, puoi riposarti solo quando sei arrivato a casa.
Dunque la vita intera è una ricerca della casa: un luogo in cui potrai riposare e rilassare, uno spazio in cui poter essere se stessi, pienamente appagati nel proprio essere. L'esistenza deve diventare essenza, l'esistenza deve produrre essenza.
E quando dico che l'uomo deve creare se stesso, voglio dire che è in quel modo che partecipa al divino. Gli animali vivono, non creano; gli alberi vivono, non creano. Anche se qualcosa spunta o nasce da loro, si tratta di un prodotto naturale: nascono i frutti, spuntano i fiori... solo l'uomo crea. E non è qualcosa di necessario: nessuno avrebbe mai potuto prevedere i quadri che Picasso ha dipinto. Un mango produrrà frutti, la stessa certezza non esiste per l'uomo. Nessuno può predire se Picasso dipingerà, diventerà un Buddha o un ballerino...
L'uomo è un caos, un caos creativo. Nel suo essere è estremamente nebuloso, non lo puoi definire, non puoi dire chi sia con precisione. E continua a cambiare ogni giorno: è come un fiume. Questa è la sua dignità: è il solo animale in grado di creare, è il solo animale che può partecipare alla creatività di Dio.
Ma proprio per questo esiste un problema. Nessuna gloria giunge senza un problema aggiunto. La gloria implica la possibilità di mancare quella realizzazione. Potresti non riuscire a cantare la tua canzone, potresti non riuscire a danzare la tua danza, potresti fallire. Ecco perché l'uomo vive perennemente attanagliato dalla paura: paura di fallire, paura di restare un nessuno, paura di restare un nulla, di non realizzarsi, di perdersi in quanto nullità, paura di restare un deserto, una terra desolata. Chi può dirlo? Non esiste alcuna certezza, nell'esistenza dell'uomo non esiste alcuna garanzia.
Sono novantanove su cento le possibilità di fallire. Esiste un'unica possibilità di successo, per questo nel cuore dell'uomo permane un tremito costante. Ogni passo è fatto nell'ignoto, senza alcuna garanzia, senza sicurezze. Ogni passo ti porta nell'ignoto: non sai dove ti porterà, a una meta o in un vicolo cieco? Potrebbe portarti solo su un precipizio da cui non esiste via d'uscita. Potresti dover tornare indietro, sprecando così tutti i tuoi sforzi. Nessuno può dirlo.
Ci si deve muovere nell'oscurità, senza sapere dove si sta andando. E comunque ci si deve muovere: se non lo fai, anche in quel caso la vita continua a scivolare via.
E' meglio muoversi che stare fermi, quanto meno, muovendosi, esiste la possibilità di arrivare. Altrimenti non esiste neppure quella... si deve scegliere, è inevitabile.
E tutte le alternative sembrano identiche. E' come stare fermi a un incrocio: tutte le strade si assomigliano. Potrebbe essere questa, potrebbe essere quella: non esiste la possibilità di stabilire a priori quale sia quella giusta. Si deve cercare, indagare. Il tentativo e l'errore è il solo metodo che l'uomo ha a disposizione: ecco perché molte persone decidono di non scegliere. In quel modo si paralizzano in una vita comoda e conveniente: è meglio sedersi a quell'incrocio e non scegliere, non andare da nessuna parte. Quanto meno, così si può evitare di sbagliare.
Ma evitando semplicemente di sbagliare, non si arriva ad alcuna realizzazione. Forse non si fanno errori, ma non si arriva da nessuna parte.Pertanto le persone che hanno il terrore di sbagliare, perdono questa opportunità, questa incredibile opportunità di crescere, di essere.

L'uomo deve trovare se stesso, deve chiedere, interrogare: è inevitabile. Chi evita di farlo, lo fa a proprio rischio. "Chi sono?". E' un interrogativo che ci si deve porre e ce lo si deve chiedere in continuazione, fino a quando la risposta affiora dall'essenza più intima del proprio essere. Questo è l'unico interrogativo religioso.


(CONTINUA)
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"Non nobis Domine, non nobis, sed nomine Tuo da gloriam"
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Oliviero Angelo
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Rompere le catene

Messaggioda Oliviero Angelo » 15/07/2011, 21:53

E ricorda: l'uomo non è un essere perché non è prefabbricato, non è un essere in quanto è un processo. Dunque, l'uomo è un ponte: dev'essere oltrepassato, si deve crescere al di di esso; ciò vuol dire che per trovare se stesso deve andare al di là di se stesso. L'uomo sta continuamente cercando di trascendere se stesso, di oltrepassare se stesso.
Questo sforzo di superare se stesso è estremamente paradossale, ma l'uomo è un essere paradossale. E' un ponte che si deve oltrepassare. Non puoi costruire la tua casa sul ponte, chi lo fa non raggiungerà mai l'altra sponda. Si deve procedere continuamente: in questo avanzare esistono un'infinità di ansie, esistono mille e un problema, rischi infiniti; tuttavia, malgrado tutto, si deve andare avanti. Prima di conoscere la verità, si devono commettere un'infinità di errori.
Ecco perché l'uomo deve continuamente staccarsi dal proprio passato. Il passato è il conosciuto, ciò che conosci di te, e il futuro è lo sconosciuto, ciò che di te non conosci, e tu devi continuamente sacrificare ciò che conosci per ciò che non conosci: sacrifica ciò con cui ti sei identificato, il passato, per il futuro, il conosciuto per l'ignoto, l'abitudine per l'instabilità.
E' il solo modo per crescere: se ti identifichi troppo con il passato, la crescita si arresta. Se ti leghi troppo al passato, inizierai a muoverti in cerchi concentrici.
L'uomo non è un pellegrino, è un pellegrinaggio; ovviamente ci sono problemi, problemi enormi. Per gli animali, per gli alberi, per le pietre e i fiumi quei problemi non esistono, esistono solo per l'uomo: infatti, tutto il resto è predefinito, ogni cosa è già stata prestabilita dalla natura stessa.
La natura ha lasciato l'uomo nell'instabilità, l'uomo è stato lasciato ai propri sforzi, al proprio darsi da fare. Ma i problemi che questo comporta non devono essere visti come tali, si tratta di sfide, non sono nemici ma amici: solo grazie a essi si impara, si arriva a conoscere, ci si realizza.
Ed è a causa di questa ricerca che sono state tracciate delle mappe, che sono stati escogitati degli espedienti. A causa di questa ricerca avrai bisogno di indicazioni. Ma ricorda: una mappa è una mappa, non è mai la regione che rappresenta. Nessun disegno corrisponde al vero: si tratta di un semplice tracciato il cui aiuto, tuttavia, può essere immenso. Una mappa può essere utilissima, anche se sai bene che quella mappa non è il territorio. Addirittura non raffigura l'intero Paese: vedendo la mappa dell'India non vedrai mai nulla dell'India reale. Quella mappa non darà alcuna rappresentazione reale, si tratta di un espediente speculare: è una metafora, una rappresentazione simbolica. Tuttavia può essere utilissima.
Coloro che sono andati al di là, che hanno trasceso, possono creare disegni: quella è la funzione di un Maestro. Coloro che hanno conosciuto, che sono arrivati, che non sono più mere esistenze, ma sono diventati essenze, coloro che sono diventati anime, che si sono cristallizzati, centrati, radicati, coloro che "sono" possono dare indicazioni, spunti, mappe.
Ma come prima cosa è bene comprendere che le mappe sono solo un espediente, qualcosa di arbitrario che non è vero né falso: è semplicemente utile, oppure è inutile. E' un semplice strumento, utile che, però, non ha nulla a che vedere con la verità in quanto tale.


Una volta fu chiesto al Buddha: "Un Buddha può mentire? Un illuminato può mentire?"
Il Buddha disse: "Deve farlo, perché deve escogitare espedienti. E qualsiasi espediente, ogni mappa è una menzogna, nel senso che nessun tracciato è la verità. Sono semplici cartelli che indicano la rotta verso la verità. Quando siete arrivati, butterete via quelle mappe, erano semplicemente qualcosa di utile".

Di conseguenza il Buddha ha definito la verità in modo veramente innovativo. Dichiara: "Ciò che è utile è vero". Si tratta di una definizione assolutamente pragmatica, pratica, estremamente scientifica.

Un'antica parabola narra di un padre che convinse i figli a uscire dalla loro casa in fiamme. Poiché i bambini non ascoltavano il suo richiamo, disse loro che aveva dei giocattoli, comprati apposta per loro: a quelle parole i bambini accorsero. Quell'uomo non aveva alcun giocattolo, ma in questo modo salvò la vita ai propri figli.

Ebbene, mentì, ma si tratta di un espediente. Non è qualcosa di vero né di falso, di certo fu di incredibile utilità. Potresti dire che quel padre mentì veramente, che peccò per ciò che aveva fatto? Accade molte volte, perché voi tutti siete bambini e vivete in una casa in fiamme... e non ascoltate! Siete così coinvolti nei vostri giochi: qualcuno è tutto preso dai soldi, qualcuno dalla politica, altri si perdono in altri giochi. La gente è talmente coinvolta in ciò che fa... fino alla fine vive obnubilata dai propri sogni e dai propri desideri.
E la casa in cui vivete è continuamente in fiamme. Poiché siete preda della morte, la vostra casa è continuamente in fiamme. In qualsiasi momento ve ne potete andare, ma siete così presi dai vostri giochi che il Maestro deve escogitare stratagemmi. E i suoi espedienti sono ideati per aiutarti, sono del tutto arbitrari, non restarne mai troppo ossessionato. Se puoi farlo, usali; se non puoi, dimenticatene. Al di là del semplice uso, non hanno alcun valore.
Ed è bene comprendere che l'uomo è stato gettato nel mondo per un motivo ben preciso. I cristiani credono che siamo stati gettati in questo mondo per punizione: è un'idea molto stupida. Non solo, fa sembrare stupido perfino Dio, sembra arrogante e pazzo. Ha gettato l'uomo in questo mondo solo perché Adamo lo disibbudì? In realtà ogni bambino disubbidisce al padre, deve farlo: in questo modo cerca di definire se stesso., è il solo modo che ha per farlo. Se non si ribella, vivrà come un'ombra. Ricordalo: dire di no è solo uno sforzo per definire se stessi; se continua a dire di sì, si perde ogni definizione di sé.
I Maestri affermano che Dio escogitò quel primo stratagemma per permettere ad Adamo di ribellarsi. E da allora l'uomo si è ribellato: per tornare a casa, l'uomo deve addentrarsi nelle tenebre. Non si tratta di una punizione, ma per apprendere, per scoprire, per essere.
Allorché vieni gettato nel mondo, devi imparare in prima persona. Certo, cadrai molte volte, è naturale, ma proprio cadendo e ricadendo in te inizierà ad affiorare un'intuizione e quell'intuizione ti riporterà sulla strada giusta. Il mondo in quanto tale è una scuola, un espediente con cui le persone imparano ad essere.
La consapevolezza non è come un oggetto: qualcosa di solido, di completo, di finito e di dato. Dev'essere appresa, dev'essere allevata, coltivata, custodita. Devi essere un giardiniere della consapevolezza: devi darle acqua, spazio, luce e fertilizzanti. Devi proteggere questo piccolo germoglio: è molto delicato, è fragilissimo. Tutto lo può annientare!
Dunque, ricorda che la consapevolezza non è come un oggetto: qualcosa di solido, di completo, di finito e di dato.
E' un processo ed è un'autocreazione. E' la nostra perenne improvvisazione basata sul rifiuto di ciò che è stato fino a questo momento.
Lo si deve comprendere: la consapevolezza cresce solo se continui a rifiutare il tuo passato. Di solito noi ci aggrappiamo al passato, di conseguenza la consapevolezza non cresce, non si espande. Dimentica qualsiasi cosa hai imparato, è qualcosa di concluso. L'hai appreso, l'hai assorbito, lascia cadere tutto ciò che sei stato finora, in questo modo puoi essere qualcosa di più, di ulteriore. Non lasciarti mai confinare dal tuo passato: le persone che vivono confinate nel passato sono prigioniere. Quella prigione, quelle catene devono essere spezzate ogni giorno, a ogni istante si deve crescere oltre tutto ciò.
Se non hai un futuro, se hai solo un passato, sei una cosa, non una persona. Una persona è qualcuno che si sgrava del passato a ogni istante, continua a lasciarlo cadere, continua a rifiutarlo. E' già stato vissuto, che senso ha tirarselo dietro? E' qualcosa che già si conosce, è già stato sperimentato: non serve continuare a ripeterlo. Allorché una persona diventa non-ripetitiva, allorché non continua a ripetere ancora e di nuovo la stessa esperienza, cresce.
E la caratteristica dell'uomo è la trascendenza di sé: devi andare al di là di qualsiasi cosa pensi di essere. Ancora e di nuovo, sempre e comunque, devi lasciaRTI alle spalle ciò che pensi di te stesso, devi lasciarlo cadere, devi rinunciarci.
In ogni momento devi iniziare qualcosa di nuovo, qualcosa che sia per te una rinascita. Si tratta solo di una metafora: se lo capisci nel giusto contesto, ne puoi fare un uso incredibile. Ogni notte, quando vai a letto, chiudi gli occhi e concludi il capitolo della giornata trascorsa: chiudi definitivamente con tutto ciò che è successo. Dì a te stesso che il passato non è più.
Consapevolmente, deliberatamente, lascialo cadere; rinunciaci, così da iniziare la mattina dopo di nuovo fresco, di nuovo limpido, di nuovo giovane e innocente. Solo in questo modo la consapevolezza cresce.


(da: "Cogli l'attimo", di Osho)
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