Questo brano è tratto da:
Autobiografia incompiuta di Alice A. Bailey.
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ma il difetto più grave e che mi ha pesato per tutta la vita è la paura.
Di proposito ne parlo perché ho scoperto che quando amici e studenti apprendono che per tutta la vita sono stata vittima della paura, si sentono molto sollevati e aiutati. Ho avuto paura di fallire, paura di sbagliare, paura di ciò che si pensava di me, paura del buio e paura di essere osservata dagli altri.
Ho riscontrato che non c’è niente di più dannoso che stare su un piedistallo, osservati dal basso. Condivido quel proverbio cinese che dice: “Chi sta sul piedistallo non può far altro che scendere”.
Trovo irritante l’atteggiamento di molti che stanno a capo di un gruppo, o insegnanti di esoterismo e di molti preti. Posano come se fossero davvero unti del Signore; come se fossero diversi e non semplici esseri umani che cercano, in semplicità, di aiutare i loro simili.
L’ambiente e l’educazione m’inculcarono il timore di ciò che dice la gente. Ora non più, perché ritengo che a torto o a ragione si sbaglia sempre con un certo pubblico.
Molte delle mie paure riguardano i miei cari — mio marito e le mie figlie — ma una paura mi segue sempre: mi spaventa l’oscurità della notte, se sono sola in casa. Non ne risentivo prima di lavorare alla Casa del Soldato a Quetta. Ho educato le mie tre figlie a non temere l’oscurità, ma io ebbi un trauma allora, e anche se non ho mai permesso che influenzasse le mie azioni, ho sempre dovuto combatterlo.
[nota: … è importante sottolineare che Alice scrive nel 1947, al termine della seconda guerra mondiale, è sicuramente un tempo diverso da quello che viviamo noi...]
Ho avuto altri due brutti spaventi, quando ero sola in casa, e non posso pretendere di avere coraggio, anche se non ho mai permesso che ciò condizionasse le mie azioni e, se proprio devo, resto sola. Sono terrorizzata da ciò che potrebbe accadere alle ragazze e, dato che la mia immaginazione è fervida, ho passato buona parte della vita a preoccuparmi di cose che non sono mai successe.
La paura è una caratteristica fondamentale dell’umanità.
Tutti hanno paura e ognuno ha la sua paura favorita.
Chi mi dice di non averne è un bugiardo, e certo ha paura di qualcosa.
Non c’è da vergognarsene e molto spesso più si è evoluti e sensibili, maggiori sono le paure alle quali si può reagire. A parte le proprie fobie e paure, le persone sensibili tendono a sintonizzarsi con quelle altrui, con le loro depressioni e i loro terrori.
Assimilano paure non loro, ma sono incapaci di distinguerle dalle proprie. Ciò vale soprattutto oggi, che paura e orrore dominano il mondo ed è facile esserne sopraffatti.
La guerra genera paura e la Germania col suo terrorismo ne ha tratto profitto, facendo il possibile per aumentare la paura mondiale.
Ci vorrà molto tempo per sradicarla, ma è già un progresso il fatto di discutere e operare per la sicurezza.
Alcune scuole di pensiero insegnano che la paura, se vi s’indulge, materializza ciò che si teme. Personalmente non ci credo, perché ho passato la vita a temere tutta una serie di eventi mai accaduti e, dato che penso con una certa potenza, avrei potuto certamente materializzarli.
Come combattere la paura?
Posso solo dirvi come ho fatto. Non ho mai cercato di combatterla.
Assumo la posizione positiva che vivrò con le mie paure, se necessario, e non presto loro attenzione.
Non le combatto; non discuto con me stessa; semplicemente le riconosco per quello che sono, e tiro avanti.
Penso sia meglio accettare con pazienza, piuttosto che spendere troppo tempo a lottare con se stessi per i vari problemi.
Dedicarsi ai problemi altrui è molto meglio per l’utilità generale.
Concentrarsi sul servizio conduce a dimenticare se stessi.
Inoltre mi chiedo, perché non dovrei avere paura?
Tutti hanno paura, e chi sono io, mi dico, per essere esente dal destino comune?
Lo stesso discorso vale per molte cose.
Quelle scuole di pensiero che dicono alla gente che, poiché l’uomo è divino, è esente da dolori, malattie e povertà, portano fuori strada. Per lo più sono sincere, ma la sua enfasi è mal posta.
Induce a pensare che il benessere e la prosperità materiale sono di grande importanza, e che si ottengono affermando la propria divinità — una divinità certo presente, ma che essi non sono abbastanza evoluti da esprimerla.
Perché mai dovrei essere esente da ciò, se l’umanità ne soffre?
Chi sono io per voler essere ricca, dal momento che né la povertà né la ricchezza hanno vero valore?
Chi sono per volere una salute perfetta, se il fato dell’umanità in quest’epoca indica qualcosa di diverso?
Io credo fermamente che quando, per evoluzione, saprò esprimere pienamente la divinità che è in me, avrò una salute perfetta.
Non m’importerà se sarò ricca o povera, e la popolarità e altre distinzioni non conteranno per nulla.
Parlo di ciò a ragion veduta, perché alcune dottrine trascinano la coscienza pubblica in una forma d’illusione.
Verrà un tempo in cui saremo esenti da tutte le malattie della carne, ma allora avremo imparato un senso dei valori diverso e non useremo i nostri poteri divini per ottenere beni materiali.
Tutto il bene perviene a chi vive nell’innocuità, a chi è benevolo e premuroso. Ma l’innocuità è la chiave, e vi lascio immaginare quanto sia difficile essere innocui nelle parole, nelle azioni e nei pensieri.
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