Ieri mi sono ritrovata in un luogo vicino eppure mai visitato, un luogo diciamo nascosto agli occhi, accanto ad altri stra-battuti. Sono stata a Pallanza, proprio vicino a casa, dove c'è un lungo lago con una passeggiata che conosco quasi come le mie tasche. Eppure ho trovato ieri un luogo che non avevo mai visitato, che neppure sapevo esistesse. La parte antica di Pallanza, posta su un colle accanto a quello della Castagnola, chiamata anticamente "Villa", proprio perché racchiude la parte più antica della città. Cercavo la chiesa di santo Stefano perché proprio lì avrebbe dovuto esserci un concerto d'organo per la madre Terra, nel giorno a lei dedicato. Ho girato un bel po' prima di trovarla, spinta tra un'informazione giusta ed una sbagliata che mi hanno fatto "perdere" del tempo: sono arrivata forse quando ormai tutto era concluso, se mai fosse iniziato davvero!.
Ho girato molte altre chiese prima di arrivarci, ma solo lì ho capito veramente di essere giunta nel posto giusto: mi ha accolto una dolcissima energia che mi ha avvolta immediatamente facendomi comprendere di essere nel posto che cercavo. E non era solo il fatto di essere giunta in una chiesa di chiara origine romanica, le mie preferite per la loro semplicità, ma qualcos'altro mi aveva attirato fino a lì.
Al centro della chiesetta un altare di marmo inciso, antichissimo. Le iscrizioni latine mi facevano presupporre la sua origine romana, ma niente di più.
In chiesa ho trovato un foglio con la storia.
L'altare risale all'inizio del primo secolo dopo Cristo, periodo in cui dominava ancora la religione detta "pagana", ma per me e per quel sacerdote illuminato che ha scelto di mantenere il cippo all'interno della chiesa, semplicemente diversa. Il rilievo scolpito rappresenta l'offerta rituale alle Matrone, cioè le antiche dee madri o come l'aveva chiamata Robert Graves nel suo libro, la Triplice Dea, di origine celtica.
Il progetto di riportare il cippo votivo al centro della chiesa è opera di Don Giacomini, morto nel 1998, che ha deciso di utilizzarlo come base per l'altare, per contribuire al cambiamento del "modo di concepire il rapporto tra le religioni non più visto in termini di opposizione, di proselitismo o di disprezzo, ma di dialogo e di arricchimento reciproco...il cippo romano ci invita anzitutto a fare memoria viva di quanto abbiamo ricevuto come eredità da tutte le generazioni che ci hanno preceduto. Anche prima della diffusione del cristianesimo nelle nostre zone uomini e donne hanno vissuto, gioito, sofferto, cercato e dato senso alla propria esistenza con altri simboli e tradizioni religiose. E-come amava ripetere don Giacomini- nulla di ciò che vale andrà perduto."
Mi ha commosso leggere queste parole ed ho compreso perché, ieri pomeriggio, avessi sentito così forte la spinta ad andare alla ricerca di quella chiesa.
Ho fotografato l'altare e l'organo, ma le foto dell'organo sono piuttosto scure, l'unica cosa evidente quel bellissimo orb blu che si vede.