di Guido Barosio
dal sito http://www.shan-newspaper.com/web/viagg ... ceano.html
..............................Se tra i vari indici per ‘misurare’ un territorio si inserisse quello relativo a miti e leggende la costa occidentale bretone – l’antica Cornovaglia – avrebbe pochi rivali. L’oceano burrascoso – metafora perfetta dell’altrove e dell’aldilà – ha sempre portato in scena un pantheon di terrorizzante varietà: mostri voraci, serpenti di mare, sirene, demoni, fantasmi, divinità furibonde e vendicative, vascelli maledetti. Tutti protagonisti di avventure sinistre e misteriose, raccontate e ripetute nelle notti di tempesta, quando – nei villaggi dei pescatori – la paura per il mare che andava quotidianamente affrontato si ingigantiva attraverso la narrazione, il ricordo, il timore di una sfida inevitabile e necessaria. Ambiente e geografia come fattore condizionante per il lo spirito e il carattere, certo, ma anche metereologia come elemento di frattura tra terrore e speranza, tra serenità e percezione del pericolo.
Tanto le coste bretoni trasmettono immagini drammatiche e spaventose durante le mareggiate, o quando il vento ulula di rabbia e il cielo scarica piogge sferzanti, tanto lo scenario appare di abbagliante e rassicurante bellezza nelle giornate limpide, terse, decorate dall’irresistibile turchese profondo dell’oceano, abile nel cancellare dalla mente ogni inquietudine. Due mondi paralleli e contrastanti sotto il medesimo cielo, due metafore della vita in continua alternanza, perché nel Finistère il tempo muta in continuazione, anche nella medesima giornata, anche a poche ore di distanza; imponendo un repentino ‘cambio delle vele’, in barca come nell’umore degli esseri umani. Ne consegue un profondo senso di fatalismo, una capacità di affrontare il provvisorio e l’imprevisto con la saggezza innata nei ‘popoli naturali’, lontana anni luce dal presente programmato delle civiltà metropolitane. Il nostro viaggio – che ci porterà dal Morbihan fino al faro di Pointe Saint Mathieu – parte nel luogo dove la storia si allaccia al mito, offrendoci più domande che risposte, sorprendendoci con emozioni che rimandano spediti verso le radici dell’umanità: Carnac. Benvenuti nella terra dei menhir!

la testa del Drago a Pointe de Dinan
................Si sa per certo che il sito di Carnac durante il neolitico era più vicino al mare, probabilmente proprio di fronte alla costa. Da qui la supposizione che i menhir ‘segnassero un confine’: tra l’erba e le sabbie, tra l’oceano e la terra, ma forse – più simbolicamente – tra il conosciuto e l’altrove, tra il mondo dei vivi e quello dei morti, delle divinità, delle presenze ultraterrene.
Il menhir ‘spezzato’ di Locmariaquer
Domande, pensieri, supposizioni, ma anche il tentativo di connettersi con qualcosa di antichissimo e ancestrale, che è impossibile non cogliere percorrendo prospettive concepite da antenati dei quali ignoriamo ogni cosa. Come è impossibile non riflettere sul gigantismo dell’opera: 13000 steli in granito, decine di migliaia di mani per spostarli e sollevarli, un disegno ciclopico del quale ci resta solo l’elemento più evidente e incancellabile: l’armonia con la natura e il paesaggio, un luogo ideale per ascoltare il vento, il silenzio e se stessi osservando lo scorrere delle nuvole. Così arrivi facilmente all’essenza, la smetti di farti domande, li tocchi lasciando scorrere quella evidente energia che arriva da lontano – sono pietre ‘abitate’, la storia coi suoi quesiti può attendere.
I celti, loro sì, ebbero meno dubbi di noi, o semplicemente un'altra sensibilità; se li trovarono di fronte e ci costruirono una fede attorno, se ne impossessarono adorandoli e architettando un mondo che li accogliesse. Ne sono stati i custodi per altri duemila anni e coi bretoni di oggi – i loro eredi – il cammino prosegue senza soluzione di continuità.
A Locmariaquer, sempre nei pressi di Carnac, il mito ha un’appendice di enigmatica imponenza. Qui si trova il menhir più grande di ogni epoca (18,5 metri di altezza, ma attualmente giace a terra spezzato in 4 frammenti): colosso sorprendente per dimensioni e fattura perché venne sia ‘eretto’ che ‘scolpito’. Tagliato in un granito del tutto estraneo alla zona, questo blocco di pietra, del peso di 280 tonnellate, venne portato a destinazione usando tecniche ancora ignote. Una volta eretto i suoi creatori lo levigarono utilizzando percussori in quarzo: un insieme di operazioni semplicemente sbalorditive se si pensa che vennero condotte oltre 6000 anni fa… Il magnifico gigante oggi giace a terra, distrutto dalla natura – o demolito – nel 4000 avanti Cristo; ma anche su questo episodio il mistero resta insoluto. Un’esperienza lungo la costa occidentale bretone non può prescindere dall’incontro con il mare vissuto a vela.

il menir spezzato di Locmariaquer

la baia dei trapassati
................... La Pointe du Raz – considerata il simbolo emblematico dell’estremo Occidente – è uno sperone di roccia alto 70 metri che separa il continente dall’isola di Sein. In mezzo il Raz de Sein, un braccio di mare che – secondo un diffuso detto bretone – «nessuno ha mai attraversato senza paura e senza dolore». L’incubo dei naviganti è ben segnalato dallo scoglio dove si erge il faro ‘La Veille’: acceso nel 1887 fu automatizzato nel 1995, fino ad allora intrepidi guardiani lo abitarono in condizioni ambientali sovente estreme. Dalla Pointe du Raz, piegando a destra, si supera la ‘baia dei trapassati’ per risalire all’altro capo che domina il panorama: la Point du Vent. In uno scenario di tale selvaggia imponenza si sono alimentate leggende millenarie. Proprio in questo tratto di costa il mito colloca la città di Ys: opulenta e maledetta, sarebbe stata inghiottita dalle onde per i malefici e la lussuria della principessa Ahes.
Ma è la stessa ‘baia dei trapassati’ a rappresentare l’invisibile confine tra la terra dei viventi e l’altrove. Su questa grande spiaggia dorata, dove probabilmente il mare restituiva il corpo dei naufraghi, si apriva una porta – o meglio un ‘porto’ – verso Avalon, il ‘paradiso delle delizie’, il luogo di residenza di tutti i santi, dove sorgeva il palazzo di cristallo, o più semplicemente l’aldilà dei meritevoli. ...................................

l faro La Veille a Pointe du Raz
l'articolo continua sul sito dove ci sono altre immagini.
Grazie alla redazione per il permesso.
