"... Quante cose si imparano dalle relazioni sbagliate. Almeno tante quante da quelle giuste.
Forse il problema non era capire o far capire, ma era amare. Erano cambiate tante cose, ma non avevo ancora imparato ad amare. Quando guardo un tramonto e mi emoziono, non mi domando a che velocità gira la Terra o a che distanza è il Sole o quanto sono grandi... Amo quel momento. Punto. Non c'è da capire, c'è da amare. Ma io non ne ero capace. Poi con il tempo ho imparato una cosa importante. Cambiare posto al cuore con il cervello. Ho imparato a pensare con il cuore e ad amare con la testa. Pensare con il cuore mi costringeva ad agire con amore. Ogni gesto, ogni azione che nasceva era un gesto d'amore. E ogni cosa da amare facendolo con la testa mi costringeva ad amare nel modo giusto. Prima, invece, tutto quello che amavo lo consumavo, lo bruciavo, lo usavo, lo invadevo. Amavo, ma non lasciavo spazio agli altri. Al loro modo di essere o al loro modo di amare. Li invadevo d'amore senza prendere in considerazione il loro spazio. E così, essendo convinto di amare tanto, mi sembrava che loro non mi amassero abbastanza. Volevo essere amato con la stessa esagerazione. Ma ero io che sbagliavo, anche perché non significa niente amare tanto o amare poco. Si può solo amare o non amare. La frase "l'ho amato tanto" è priva di senso come "è morto tanto", attribuita a una persona che non c'è più.
Amare con la testa non vuol dire essere razionali, ma vuol dire coltivare un'educazione al sentimento che non sarà mai distruttivo. perché l'amore, quando è distruttivo, non è amore. Quella considerazione, quella scoperta mi ha aiutato ad avvicinarmi agli altri nel modo giusto.
Quel trasloco, quello scambio di posto tra il cuore e il cervello mi ha in qualche modo salvato. perché fino a quella scoperta avevo dovuto nuovamente isolarmi per evitare di commettere con tutti lo stesso errore che avevo commesso con Flavia.
All'inizio avevo anche avuto una stupida reazione. Pensavo che fossero gli altri a non capire. Era un problema degli altri e non mio.
"... è come dare i savoiardi ai maiali..." ripeteva sempre Luca quando qualcuno non capiva.
Come dire a una pianta che gli uomini camminano. La pianta risponde che è impossibile perché ci sono le radici. Anche perché ci sono cose che non puoi spiegare. Sono cose che puoi capire solo vivendole.
Quando, ad esempio, ti rendi conto che non stai vivendo la tua vita e decidi di sfidare quel destino che non senti più tuo, quel destino segnato che diventa automaticamente ostile, si muove attorno a te una serie di cose invisibili che ti aiutano a cambiarlo. Diventi miracoloso. Diventi magico. Proprietario di un qualcosa di speciale, di potente. Come se quella scelta coraggiosa attivasse una specie di calamita che attira cose, situazioni e persone utili a realizzare il nostro sogno. Il nostro destino, quello personale che ci appartiene veramente.
Mia nonna, quella forza invisibile, la chiamava "divina provvidenza".
Nelle favole si chiama "bacchetta magica".
Ho capito che nella vita devo fare quello che mi spetta, poi il resto si muove di conseguenza, ma il primo passo lo devo fare io. Non sono le cose che vengono verso di me, sono io che devo andare verso di esse.
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