La festa dei Gitani.


A Saintes Maries de la mer, in Camargue, una della regioni più affascinanti della Francia meridionale, il 24 e 25 maggio si festeggia Santa Sara, la protettrice di tutti gli zingari e i nomadi del mondo. Una festa ricca di colori sgargianti, musiche gitane, tradizioni provenzali e spagnole, bianchi cavalli, e tanto altro, tutto nel puro stile gitano.
Un rituale che si perpetua da secoli, inizia il giorno 24 maggio con la processione della statua della santa scortata fino al mare da gitani e cavalieri della Camargue in sella ai loro bianchi cavalli. Dopo le funzioni religiose iniziano i festeggiamenti. Questa festa chiama a raccolta i nomadi di ogni angolo d'Europa e non solo.
Si prosegue per tutta la notte, coinvolgendo tutti con canti e balli accompagnati da chitarre e violini che fanno da sottofondo a questi giorni di festa. Tutto questo nella meravigliosa cornice della Camargue, zona stupenda, che io amo molto, ricca di saline, famosa per il suo habitat incontaminato, dove potrete ammirare centinaia di fenicotteri rosa, cavalli bianchi allo stato brado e godere delle maree che, quando si ritirano lasciano la sabbia punteggiata delle piume rosa dei rumorosissimi trampolieri.

"...Una folla, all'interno della quale si confondo prelati, zingari e turisti, musicisti e cavalieri, accompagna il viaggio della statua di Santa Sara, dall'antica chiesa fino al mare. Il vento, intanto, continua a soffiare impietoso. La massa colorata di uomini e donne, però, non accenna a fernarsi. I più temerari, d'un tratto, entrano in acqua seguendo i candidi destrieri che avanzano in mezzo ai flutti, montati dai "Gardians" camarguesi. I cavalli si impennano, tra la schiuma delle onde, mentre Sara La Nera compie, al contrario, un pezzo della strada che la portò fin qui.
La leggenda vuole, infatti, che le Sante Marie (Maria Jacobè e Maria Salomè, accompagnate da Lazzaro, Maria Maddalena e altri), vittime di persecuzioni in Palestina, dopo essere state arrestate, venissero abbandonate a bordo di un naviglio privo di vela e remi. Quindi, guidate dalla provvidenza, sbarcarono in terra provenzale. Mentre gli altri presero strade diverse, però, le due donne si fermarono sul litorale della Camargue. Per quanto riguarda Sara, invece, la storia non è del tutto chiara. Non si sa se la donna fosse una schiava liberata arrivata con loro o una provenzale che le accolse sul posto.
La tradizione, comunque,si ripete ogni anno, il 24 di maggio. Perfino Bob Dylan, dopo avervi partecipato nel 1974, dedicò all'evento una canzone, intitolata One more Cup of Cofee ( Valley Below).
La prima delle tre giornate inizia sempre con la festosa invasione di Gitani, Rom, Kalè, Sinti, Manouches. Uno spettacolo unico, splendido e vitale, che vale di per sè una gita a Saintes Maries de laMer. Sotto la chiesa-fortezza, il cui campanile romanico si erge per 15 metri, visibile a 10 chilometri di distanza nella paludosa pianura circostante, a piccoli gurppi, gli uomini incominciano a suonare. Accarezzano i loro strumenti, all'apparenza sgangherati, e, come per magia, nascono melodie che ricordano il flamenco o i ritmi balcanici. Suoni che riportano ai deserti nord-africani oppure alle pianure dell'europa centrale. Le loro donne intanto, poco lontano, vendono medagliette porta fortuna.
Poi, in lunghe file, tutti scendono nella cripta della chiesa a rendere omaggio a Santa Sara, protettrice dei Gitani. Uno dopo l'altro, si avvicinano alla statua e la sfiorano con le mani. Da qui, nel primo pomeriggio, parte la lunga processione fatta di cavalieri, donne che vestono costumi tradizionali con le lunghe gonne a balze, abitanti del paese e curiosi da tutto il mondo, che avanza fino al mare per la benedizione della acque.
Il giorno seguente, saranno le due Sante, invece, a percorrere le stesse strade, dirette verso i flutti, tra preghiere, canti e gioiose invocazione. Per tutta la notte che separa i due pèlegrinages, invece, la città, come in un film di Kusturica, è popolata da zingari che suonano, bevono, ballano e fanno festa ad ogni angolo di strada. Momento profano di un evento che, all'aspetto religioso, unisce quello della festa in un equilibrio possibile, forse, solo per il misterioso mondo degli zingari.
Non si tratta di un quadretto folkloristico, costruito ad uso e consumo dei turisti, ma di una tradizione autentica, espressione della straordinaria cultura di questo popolo vagabondo...." (da ilsole24ore.com)
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