Messaggioda Oliviero Angelo » 24/08/2011, 16:33
Risi di me, pacato.
(...)
"Non hai mai pensato Chi Se Ne Fega?" mi domandò Dickie. "Figurati!"
Mi piegai, tirai con forza, la pietra rimbalzò sul fianco della collina. Con una spinta sufficiente, pensai, può volare quasi tutto.
"Tu mi hai contattato perché volevi sapere quel che so." dissi
"Non è pe questo..."
Raccolsi un altro asso, continuai la mia silenziosa ricerca sull'aerodinamica delle rocce.
"Sì" sbottò. "Dovevo sapere quello che sai. Devo ancora. Mi spiace se ti ho offeso col Chi Se Ne Frega."
Avevo scelto il silenzio per impedirmi di forzarlo verso il mio modo di pensare... e lui aveva interpretato il mio silenzio come risentimento per una domanda oltretutto giusta. Com'è difficile capirsi a vicenda, a meno che non si sia già d'accordo!
"Aiutami con questo problema" dissi. "Voglio mostrarti quello che ho imparato. Voglio fartene un regalo, perché con quella conoscenza tu farai cose diverse da quelle che ho fatto io e in qualche modo tu troverai come dirmi ciò che hai fatto di diverso, e perché. Io voglio che questo accada. Mi credi?"
Assentì col capo.
"Ma un'altra cosa che so è Non Convincere Mai Nessuno. Quando dicesti Chi Se Ne Frega, io intravidi questa scritta rosa al neon: Convincilo. Dimostra la Tua Verità, o Non Crederà a Ciò Che Dici!"
"No" disse. "Non è questo che..."
"Non mi dispiace dirtelo, non mi dispiace spiegarti nel modo più chiaro che conosco, ma ricorda ch io non posso assumermi responsabilità per qualcuno su cui non ho autorità... cioè, per nessun altro all'infuori di me."
"Ma io..."
"Dipendere da altre persone per capire è come dipendere dai medici per guarire, Dickie. Possiamo beneficiarne solo quando sono disponibili e quando hanno visto giusto... quando non ci sono o hanno torto, niente da fare. Ma se invece passiamo tutta la vita a imparare come capire quel che sappiamo, allora quella conoscenza interiore sarà sempre con noi, e quando sbaglia possiamo cambiarla fino a quando non funzionerà tutte le volte, o quasi."
"Richad, io..."
"Ricordati, Comandante: il motivo per cui sono qui non è convincerti, o convertirti, o trasformarti in me. Ho già una certa difficoltà a costringere Richard dentro di me. Non sono il leader di nessuno, tranne che di me stesso. Francamente mi sentirei meglio se la smettessi di interessarti a chi sono e in che cosa credo e perché sono diverso da tutti i tuoi altri futuri. Ti devo delle informazioni e una risposta alla tua curiosità. Non ti devo una conversione al mio modo di pensare, che potrebbe anche essere sbagliato."
In cambio del mio sermone, mi offrì un lungo silenzio. Lo apprezzai molto, e non parlai.
Sospirò. "Capisco che non sei il mio leader," disse "e che non ti assumi la responsabilità per qualsiasi cosa che io possa fare o non fare per il resto della mia vita (o vite) naturali in tutta l'eternità. Dichiaro di non ritenerti responsabile per qualsiasi danno reale o immaginario che possa risultare da qualche tua parola che io giustamente o ingiustamente applichi o erroneamente usi in qualsiasi situazione del futuro o del futuro alternativo io scelga. Chiaro?"
(...)
"Voglio essere sicuro che tu comprenda. Non mi serve nessun accordo scritto."
Studiò il sasso che aveva in mano: non lo tirò, non lo fece cadere in terra. "Okay" sospirò alla fine. "Allora, a proposito di La Vita E'?"
"Sai qualcosa di aritmetica?" gli chiesi.
"Che sa di aritmtica un alunno di quarta?" ripose, sapendo che stavo andando in quella direzione, e sperando non gli arruffassi ancora le penne. "So quel che sanno tutti gli altri."
"Mi basta," feci. "Credo che la Vita sia espressa nell'Apparenza così come i numeri sono espressi nello spazio-tempo. Prendiamo il numero nove. O preferiresti che io usassi un altro numero?"
"Otto" scelse lui, in caso nove fosse un numero tranello.
"D'accordo, prendiamo il numero otto. Possiamo stampare un'otto con l'inchiostro su carta, possiamo coniare un otto in bronzo, possiamo scolpire un otto in pietra, sistemare otto soffioni in fila, impilare con attenzione otto dodecaedri l'uno sull'altro. In quante diverse maniere possiamo esprimere l'idea di otto?"
Fece spallucce. "Milioni e milioni di modi. Un'infinità."
"Ma aspetta" aggiunsi. "Vedi questa torcia e questa mazza? Possiamo anche bruciare la pagina, fondere il bronzo, ridurre in polvere la pietra, disperdere i soffioni al vento, ridurre i dodecaedri a una massa di schegge."
"Capisco. Possiamo distruggere i numeri."
"No. Possiamo distruggere l'apparenza dei numeri nello spazio-tempo. Possiamo creare apparenze, possiamo distruggere apparenze."
Fece segno di sì.
"Ma prima che il tempo cominciasse, Dickie, e proprio in questo istante, e dopo che il tempo e lo spazio saranno stati spazzati via, la realtà dell'idea dell'otto galleggerà serena, perfetta e assolutamente indifferente."
"Indifferente, come mai?"
"Toh, eccoti un'ascia" offrii. "Fa' a pezzi l'idea del numero otto in modo che non esista più. Prendi tutto il tempo che vuoi. Dimmi quando avrai finito."
Rise. "Non posso fare a pezzi un'idea, Richard!"
"Non ci sono riuscito neanche io."
"Così il mio corpo," azzardò "non è il reale me più di quanto un numero scritto non sia il numero reale."
Annuii. "Ma io ci sto arrivando molto più adagio di te. Aspettami."
Lui aspettò.
"Quale altro numero è come l'otto?" Mi chiesi per un attimo se m'importava che credesse ai miei esempi. Non mi importa se crede o meno, mi dissi. M'import se capisce.
"Il sette?"
"Quanti otto ci sono in aritmetica?"
Rifletté alcuni secondi. "Uno."
"E' quel che penso anch'io. L'idea di ogni numero è unica, non è possibile che esista un'altra idea simile. L'intero Principio dei Numeri dipende dal caro numero otto, e senza l'otto l'intero Principio crollerebbe."
"Suvvia, non esagerare..."
"Non ci credi? Diciamo che siamo riusciti a distruggere il numero otto. Veloce: quanto fa quattro più quattro? Sei più due? Dieci meno due?"
Un "Oh!" di meraviglia.
"Allora hai capito. Un indefinito numero di numeri, ognuno diverso da tutti gli altri, ognuno importante al Principio come il Principio è importante per ognuno."
"Il Principio ha bisogno di ogni numero!" continuò a stupirsi. "Non ci avevo mai pensato."
"Ci penserai" dissi. "Reale, indistruttibile, la vita oltre le apparenze - eppure ogni numero può essere espresso in uno qualunque degli infiniti mondi-di-apparenza a sua scelta."
"Come facciamo a cambiare?" volle sapere. "Da dove vengono le convinzioni? Com'è che di punto in bianco ci dimentichiamo di ciò che è vero e diventiamo dei lattanti neanche in grado di parlare?"
Mi morsi le labbra. "Non so."
"Cosa? Hai messo insieme tutto questo rompicapo e te ne manca un pezzo?"
"So che siamo liberi di credere a ogni tipo di vita" dissi. "So che lo facciamo per il gusto di apprendere e il potere di ricordare chi siamo. Com'è che ce ne dimentichiamo? Benvenuti nello spazio-tempo, depositare la memoria al guardaroba all'ingresso? Succede qualcosa, e non ho scoperto che cos'è, che ci annulla quando facciamo il grande salto."
Sorrise del mio stupore, uno strano sorriso che non riuscivo a penetrare, e dopo un momento annuì. "Dunque: Accade Qualcosa. Noi Dimentichiamo. Continua."
"Tuttavia, una volta nello spazio-tempo," dissi "siamo liberi di credere che noi esistiamo per proprio conto e privo di legami, siamo liberi di dire che il Principio dei Numeri è tutta una sciocchezza."
Fece un cenno d'assenso col capo, dopo un rapido conto.
"Il Principio non nota lo spazio-tempo," continuai "perché lo spazio-tempo non è. Così il Principio non sente preghiere angosciate o maligne imprecazioni, non esistono cose come il sacrilegio, l'eresia o la bestemmia, l'empietà, l'iriverenza, l'abominio. Il Principio non costruisce templi, non ingaggia missionari, non combatte guerre. E' poco attento, del tutto ignaro che i simboli dei suoi numeri sono inchiodati sulle croci, fatti a pezzi da altri simboli e ridotti in cenere."
"Non gliene importa" ammise, con riluttanza.
"A mamma importa quel che accade a te?" chiesi.
"Lei mi vuole bene!"
"L'ultima volta che hai giocato a guardie e ladri, quando sei stato colpito a morte dieci volte all'ora, lei lo sapeva o gliene importava qualcosa?"
"Ehmm."
"Per il Principio è lo stesso" gli feci notare. "Non tiene conto dei giochi che sono tanto importanti per noi. Prova adesso. Girati in modo di dare le spalle all'Infinito Principio dei Numeri, all'Immortale Realtà dell'Essere Numerico."
Cambiò posizione sulla cima della collina, girandosi un po' a sinistra.
"Dì ad alta voce: Odio il Principio dei Numeri!"
"Odio il Principio dei Numeri" ripeté, senza troppa convinzione.
"Prova questo" gli proposi. "Quell'idiota schifose del Principio dei Numeri mangia zucchero raffinato, olii saturi e carne rossa!"
Scoppiò in una risata.
"Attento a quest'altro, Comandante. Ti serve un bel fegato per urlarlo, perché se ci va male, siamo fritti: QUEL BUGIARDO MARCIO BUONO-A-NULLA INUTILE VERME PIDOCCHIOSO D'UNO PSEUDO PRINCIPIO NUMERICO E' PIù' STUPIDO D'UNA MOSCA CAVALLINA! NEANCHE SE CI PROVASSE CI POTREBBE COLPIRE CON UNA SAETTA PER DIMOSTRARE LA PROPRIA SISTENZA DI PEZZENTE!"
Si confuse dopo verme e inventò il resto sui due piedi, ma concluse con un'imprecazione piuttosto infuocata contro il Principio che se gliene fosse importato saremmo stati freschi!
Ma non accadde niente.
"Così, possiamo ignorare il Principio, lo possiamo odiare, maledire, organizzargli contro una battaglia, prenderlo in giro. Non si scatena l'Ira Celeste, non c'è il più lieve corrugare di fronte lassù. Perché no?"
Ci pensò su un bel pezzo.
"Perché il Principio Numerico resta indefferente?" indagai.
"Perché non sta a sentire" enunciò alla fine.
"Così non c'è punizione se trattiamo male il Principio?"
"Nessuna punizione" affermò.
"Errore."
"Ma come, se non sta a sentire!"
"Lui non sta a sentire, Dickie, ma noi sì! Quando voltiamo le spalle al Principio Numerico, cosa accade nella nostra aritmetica?"
"I conti non tornano?"
"Già. Le risposte sono ogni volta diverse, affari e scienza s'ingarbugliano. Se abbandoniamo il Principio, non è lui a soffrirne ma noi!"
"Vacca!" esclamò.
"Ma ricorda il Principio, e nello stesso istante tutto riprende a funzionare. Non è necessaria alcuna scusa, non potrebbe sentirne una neanche se urlassimo. Nessuno in libertà vigilata, nessuno punito, niente sgridate dall'Uno infinito. Il ricordo porta immediatamente guarigioni a tutte le nostre somme, poiché anche nell'immaginario campo di gioco dell'apparenza, il Principio è Reale."
"Interessante" dichiarò, non credendoci ma seguendo.
"E ora ti ho raggiunto, Dickie. Ora, diciamo che al posto del Principio dei Numeri c'è il Principio della Vita."
"La Via E'." ripeté."Vita pura, puro amore, conoscenza del proprio puro sé. Diciamo che ognuno di noi è l'espressione perfetta e unica di quel Principio, che noi esistiamo oltre lo spazio-tempo, che siamo immortali, eterni, indistruttibili."
"Diciamolo pure. E allora?"
"Allora siamo liberi di fare qualsiasi cosa vogliamo tranne due: non possiamo creare la realtà e non possiamo distruggerla."
"Che cosa possiamo fare?"
"Il Meraviglioso Niente, in tutte le sue forme a rombo. Quando entriamo in Affitta-Una-Vita, cosa speriamo di prendere in affitto? Possiamo controllare illimitati mondi di apparenza, possiamo comprare nascite e morti, possiamo acquistare tragedie e divertimenti e disastri e pace e terrore e nobiltà e crudeltà e paadiso e inferno, possiamo portarci a casa le nostre convnzioni, assaporarle in tormentoso, emozionante, gioioso, delizioso, microscopico dettaglio. Ma prima del tempo, e dopo, in ogni momeno, la Vita E', e Noi Siamo. La cosa che noi temiamo di più è la sola cosa che non è possibile. Noi non possiamo morire, non possiamo essere distrutti. La Vita E'. Noi Siamo."
"Noi siamo" disse lui, indifferente. "E allora perché?"
"Dimmelo tu, Dickie. Qual è la differenza fra le vittime delle circostanze, intrappolate in vite che non hanno richiesto, e i padroni delle scele, che conducono vite che possono cambiare a volontà?"
"Le vittime sono impotenti" disse lui. "I padoni no."
Annuii. "Ecco il perché."
(...)
("Via dal Nido", Richard Bach)
"Non nobis Domine, non nobis, sed nomine Tuo da gloriam"Gladius Lucis 
