
" Sollevando il coperchio del contenitore accanto alla porta della bottega, se ne percepisce subito l'odore, anche se ci vuole un attimo prima che il cervello ne registri l'aroma sottile, lievemente amaro come quello della nostra pelle, e altrettanto familiare.
Accarezzatene la superficie con la mano, e la serica polvere gialla vi infarinerà il palmo e i polpastrelli. Polvere d'ala di farfalla.
Avvicinate la mano al volto. Strofinatevi le gote, la fronte, il mento. Non abbiate timore. Per millenni prima dell'inizio della storia, le spose - e le fanciulle che aspiravano a maritarsi - hanno fatto lo stesso. Imperfezioni e rughe scompariranno, grasso e segni del tempo saranno spazzati via. Per giorni, in seguito, la pelle brillerà di un pallido bagliore dorato.
Ogni spezia ha un suo giorno speciale. Quello della curcuma è la domenica, quando la luce gocciola burrosa nei barattoli di latta che se ne imbevono fino a splendere, quando si pregano i nove pianeti affinché ci concedano amore e buona sorte.
La curcuma, chiamata anche halud, giallo, il colore dell'alba e dello squillo delle conchiglie suonate sul far del giorno.
La curcuma, capace di conservare e di mantenere sano il cibo in una terra di calore soffocante e di fame.
La curcuma, spezia della fortuna, spalmata sulla fronte dei neonati in segno di buon auspicio, sparsa sulle noci di cocco al momento della puja, strofinata lungo gli orli dei sari nuziali.
Ma non è tutto. Ecco perché le raccolgo solo nel momento preciso in cui la notte scivola nel giorno, queste radici bulbose come scure dita contorte, ecco perché le macino soltanto quando Swati, la stella della fede, brilla incandescente a nord. "
- Chitra Banerjee Divakaruni, La maga delle spezie, Einaudi Tascabili, pp. 10-11 -