Grande Spirito, siedi con noi.

Le tradizioni e la spiritualità degli Indiani d'America
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shanti
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Grande Spirito, siedi con noi.

Messaggioda shanti » 20/12/2009, 21:03

GRANDE SPIRITO, SIEDI CON NOI!

"Lasciateci mettere a sedere tutti qui per Terra nella libera prateria
dove non vediamo nessun recinto e nessuna strada.
Non sediamoci su di una coperta, i nostri corpi devono sentire il terreno,
la robustezza degli arbusti che si adeguano al nostro contatto.
L'erba deve essere il nostro materasso,
affinche' ne possiamo percepire la durezza e la morbidezza.
Lasciateci essere come pietre, come piante e alberi.
Lasciateci essere animali, lasciateci sentire e pensare come loro.
Ascolta l'aria! Tu puoi udirla, odorarla, sentirla gustarla.
Woniya Wakan, l'aria sacra che rinnova tutto con il suo respiro
Spirito vita e rinnovamento.
Possiamo non sederci vicini ma qualcosa e' qui tra noi,
noi sentiamo che qualcosa e' presente
tra noi. Sei tu, Grande Spirito cosi', ti preghiamo, siedi con Noi!

CERVO ZOPPO
della tribu' dei Lakota


Sii umile perché sei fatto di Terra, sii nobile perché sei fatto di Stelle.
Con la Luce di Michele nel cuore. shanti

Ospite

Grande Spirito, siedi con noi.

Messaggioda Ospite » 21/12/2009, 13:13

"...Possiamo non sederci vicini ma qualcosa e' qui tra noi,
noi sentiamo che qualcosa e' presente
tra noi. Sei tu, Grande Spirito cosi', ti preghiamo, siedi con Noi! ..."




Leggo, sorrido...sento il Cuore aprirsi...così apro la finestra...
Il Grande Spirito che si manifesta, in ogni piccola creatura...
Ecco chi c'era seduto sulla panchina davanti a casa...

Grazie Shanti!!!



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shanti
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Grande Spirito, siedi con noi.

Messaggioda shanti » 21/12/2009, 13:24

Cara Nova, poco dopo aver postato questa preghiera, ho guardato in cortile e...c'era un pettirosso posato sulla catasta di legna! Se abbiamo occhi per vedere, se guardiamo attraverso il cuore, vediamo Il Grande Spirito che si manifesta con Amore....
Un abbraccio col cuore caldo.
Sii umile perché sei fatto di Terra, sii nobile perché sei fatto di Stelle.
Con la Luce di Michele nel cuore. shanti

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Oliviero Angelo
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Grande Spirito, siedi con noi.

Messaggioda Oliviero Angelo » 21/12/2009, 20:15

Bellissima preghiera e meravigliosamente illuminante questa Vostra sincronicità di visita, agli occhi che sanno vedere, del pettirosso.
Pettirosso, simbolo di incondizionato e compassionevole Amore.
Ho voglia di inserire qui la sua leggenda che da sempre amo leggere ed ascoltare.

LA LEGGENDA
DEL PETTIROSSO


di Selma Lagerlof


Era in quel tempo, quando Nostro Signore creò il mondo, quando creò non soltanto il cielo e la terra, ma anche tutti gli animali e le piante, e in pari tempo distribuì i nomi. Esistono molte storie di quel tempo, e se si sapessero tutte

avremmo anche la spiegazione di tutte le cose del mondo che ora non si possono comprendere.
Fu allora che un giorno, mentre Nostro Signore stava a sedere in Paradiso a dipingere gli uccelli, venne a mancare il colore sulla tavolozza, così che il picchio sarebbe rimasto senza colore se Egli non avesse ri­pulito tutti i pennelli sulle sue penne.
E fu allora che l'asino acquistò le sue orecchie lunghe, perché non si ricordava il nome che aveva ricevuto. Lo dimen­ticò appena ebbe fatto alcuni passi sui prati del Paradiso e tornò indietro tre volte a domandare come si chiamava, finché Nostro Signore s'impazientì un pochino e prendendolo per le orecchie disse: « Il tuo nome è asino, asino, asino ».
E nel dirlo gli allungò le orecchie perché gli venisse l'udito migliore e ricordasse quello che gli si diceva.
Fu nello stesso giorno che l'ape fu punita. Perché appena fu creata incominciò a raccogliere miele, e gli animali e gli uomini, che si accorsero del dolce profumo del miele, vennero ad assaggiarlo. Ma l'ape voleva conservare tutto per sé e con le sue punture velenose scacciava tutti quelli che si avvicina­vano all'alveare. Nostro Signore vide e chiamò a sé l'ape e la punì.
« Io ti ho dato la facoltà di raccogliere il miele che è ciò che la creazione ha di più dolce, » disse Nostro Signore « ma non per questo ti ho dato il diritto d'essere cattiva col tuo prossimo.
E ora ricordati: ogni volta che pungerai qualcuno che vorrà assaggiare il tuo miele, tu morrai! »
Già, fu allora che il grillo divenne cieco e la formica perse le sue ali; accaddero tante cose straordinarie in quel giorno.
Nostro Signore, grande e mite, era seduto tutto il giorno a creare e a formare, e verso sera gli venne in mente di creare un piccolo uccello grigio.
« Ricordati che il tuo nome è pettirosso! » disse Nostro Signore all'uccello quando fu pronto. Lo depose sulla palma della sua mano e lo fece volare.
Ma dopo che l'uccello ebbe fatto un piccolo volo ed ebbe ammirato la bella terra sulla quale doveva vivere, gli venne voglia di mirarsi. Allora vide che era tutto grigio, il petto come tutto il resto. Il pettirosso si voltò e rivoltò rispecchiandosi nell'acqua, ma non poté scoprire nep­pure una penna rossa.
E così l' uccello rivolò da Nostro Signore.
Egli, grande e mite, era a sedere, e dalle sue mani uscivano farfalle che svolazzavano intorno alla sua testa, piccioni garrivano sulle sue spalle, e dalla terra intorno a lui sorgevano rose, gigli e pratoline.
Il cuore dell'uccellino batteva per il timore, ma descri­vendo leggeri giri volava sempre più vicino a Nostro Signore e finalmente si lasciò cadere sulla sua mano.
Così Nostro Signore gli domandò quello che desiderava.
« Io voglio soltanto chiederti una cosa » disse l'uccellino.
« Cos'è che desideri sapere? » disse , Nostro Signore.
« Perché debbo chiamarmi pettirosso, mentre son tutto grigio dalla punta del becco sino alla coda? Perché mi chiamo pettirosso quando non posseggo neppure una penna rossa? »
E l'uccello con i suoi occhiettini neri lo guardò implorando e voltò la testolina. Da per tutto, attorno, vide fagiani tutti rossi sotto un leggero pulviscolo d'oro, pappagalli con ricchi collari rossi, galli con creste rosse, senza parlare delle farfalle, dei pesciolini rossi e delle rose. E naturalmente pensò che occorreva così poco, una sola goccia di colore rosso sul suo petto, per farlo diventare un bell'uccello, a cui il suo nome sarebbe stato adatto.
« Perché debbo chiamarmi pettirosso, se son tutto grigio? » domandò di nuovo l'uccello, e aspettò che Nostro Signore gli dicesse:
"Ah, amico mio, vedo che ho dimenticato di dipingere in rosso le penne del tuo petto, ma aspetta solamente un momento e sarà fatto".
Ma Egli sorrise soltanto e disse: « Ti ho chiamato pettirosso, e pettirosso ti chiamerai, ma cercati da te il mezzo di meritarti le tue penne rosse ».
E così Nostro Signore alzò la mano e lasciò che l'uccello rivolasse per il mondo.
L'uccello volò in Paradiso con molti pensieri. Che cosa poteva fare un uccellino come lui per procurarsi delle penne rosse?
L'unica cosa che gli venisse in mente fu di fabbricarsi il nido in mezzo ai prunai. Egli s'annidò fra le spine nel folto della macchia. Pareva stesse aspettando che una foglia di rosa gli si attaccasse al petto e gli desse il suo colore.
Un numero infinito d'anni erano trascorsi da quel giorno che fu il più bello sulla terra. D'allora in poi gli animali e gli uomini avevano abbandonato il Paradiso e si erano sparsi sulla terra. E gli uomini erano giunti al punto d'imparare a lavorare la terra e a navigare sul mare, si erano fatti abiti e utensili; da molto tempo avevano già imparato a fabbricare grandi templi e città potenti, come Tebe, Roma e Gerusalemme.
Spuntò un giorno nuovo che non doveva esser mai più dimenticato nella storia del mondo e all'alba di quel giorno il pettirosso era posato su un piccolo colle nudo fuori le mura di Gerusalemme e cantava per i suoi piccini che si trovavano nel piccolo nido in mezzo ai bassi cespugli di spine.
L'uccello raccontava ai suoi nati il giorno me­raviglioso della creazione e la distribuzione dei nomi: così aveva raccontato ogni pettirosso dal primo in poi, che aveva udito la parola di Dio ed era uscito dalla Sua mano.
« E ora vedete, » concluse tristemente il pettirosso « tanti anni sono passati, tante rose sono sbocciate, tanti piccoli uccelli sono sgusciati dalle uova dal giorno della creazione in poi, che non c'è nessuno capace di contarli, ma il pettirosso è ancora un uccellino grigio. Ancora non è riuscito a conquistarsi le penne rosse. ». I piccini spalancarono i piccoli becchi e domandarono se gli antenati non avevano cercato di compiere qual­che grande opera per conquistare il prezioso colore.
« Abbiamo fatto tutto quello che abbiamo potuto, » disse l'uccellino « ma siamo stati tutti sfortunati. Già il primo petti­rosso, una volta, incontrò un altro uccello che gli rassomigliava completamente, e subito si mise ad amarlo con un amore così violento da sentirsi arroventare il petto. Ah, pensò allora, adesso comprendo. Nostro Signore vuole che io ami con tale ardore, che le penne del mio petto abbiano a tingersi di rosso per il caldo d'amore che ho nel cuore. Ma egli s'ingannava, così come si sono ingannati tutti gli altri dopo di lui e come c'inganneremo anche noi. »
I piccini cinguettarono tristemente, incominciavano già ad affliggersi perché la tinta rossa non avrebbe adornato i loro piccoli petti coperti di peluria.
« Abbiamo anche sperato nel nostro canto » disse l'uccello vecchio parlando con toni prolungati. « Già il primo pettirosso cantava così; il petto dall'entusiasmo gli si gonfiava, ed egli ritornava a sperare. Ah, pensava, la fiamma del canto che ho nell'anima, tingerà di rosso le penne del mio petto. Ma s’in­gannava, come si sono ingannati tutti gli altri dopo di lui, come c'inganneremo anche noi. »
Si sentì di nuovo un triste cinguettio uscir dalle gole mezze nude dei piccini.
« Abbiamo anche sperato nel nostro coraggio e valore » disse l'uccello.
« Già il primo pettirosso si batté valorosamente con gli altri uccelli e il suo petto s'infiammò dal piacere di combattere. Ah, pensò, le penne del mio petto si tingeranno di rosso per la gioia della lotta che arde nel mio cuore. Ma s'ingannò, come si sono ingannati dopo di lui tutti gli altri, come c'inganneremo anche noi. »
I piccini cinguettarono coraggiosamente che volevano an­cora tentare di conquistare il premio tanto ambito, ma l'uccello rispose tristemente che era impossibile. Che cosa potevano sperare quando tanti antenati così bravi non erano riusciti a raggiungere la mèta? Potevano fare di più che amare, cantare e lottare? Che cosa potevano...
L'uccello si fermò in mezzo alla frase, perché da una delle porte di Gerusalemme usciva una gran quantità di gente e tutta la folla si dirigeva verso il colle dove l'uccello aveva il suo nido.
C'erano dei cavalieri su destrieri superbi, servi con lunghe lance, assistenti del boia con chiodi e martelli, v’erano sacerdoti dall’incedere dignitoso, e giudici, donne piangenti, e davanti a tutti una massa di popolo che correva selvaggiamente, un accompagnamento orrendo, ululante di vagabondi. L'uccellino tremando stava sull'orlo del suo nido. Temeva ad ogni istante che il piccolo cespuglio di spine venisse calpestato e i suoi piccini rimanessero uccisi.
« State in guardia, » gridò ai piccini inermi « state tutti vicini e state zitti! Ecco un cavallo che viene proprio su di noi! Ecco un guerriero coi sandali ferrati! Ecco tutta la folla selvaggia! »
Ad un tratto l'uccello smise di gettare i suoi gridi d'allarme e tacque. Dimenticò quasi il pericolo sovrastante.
Improvvisamente saltò giù nel nido, e allargò le ali sopra ai piccini.
« No, è troppo tremendo » disse. « Io non voglio che voi vediate. Sono tre malfattori che vengono crocifissi. »
E allargò le ali affinché i piccini nulla potessero vedere. Udirono soltanto dei colpi di martello rimbombanti, grida di dolore e gli urli selvaggi della folla.
Il pettirosso seguì tutto lo spettacolo con gli occhi che si dilatavano dal terrore. Non poteva allontanare gli sguardi dai tre infelici.
« Come gli uomini sono crudeli! » disse l'uccello dopo un momento « non si accontentano d'inchiodare quei poveretti sulle croci, no, sulla testa di uno hanno anche posto una corona di spine. Io vedo che le spine hanno ferito la sua fronte così da fare scorrere il sangue » continuò. « E quell'uomo è così bello e si guarda attorno con sguardi così dolci che ognu­no deve sentire d'amarlo. Mi pare che una freccia mi stia tra­figgendo il cuore nel vederlo soffrire. »
Il piccolo uccello sen­tiva crescere la sua compassione per l'incoronato di spine.
« Se io fossi mia sorella l'aquila, » pensò « strapperei i chiodi dalle sue mani e con i miei forti artigli scaccerei tutti coloro che lo fanno soffrire.»
Egli vide il sangue gocciolare sulla fronte del Crocifisso e non poté stare fermo nel suo nido.
« Benché non sia che piccolo e debole, pure debbo poter fare qualche cosa per questo povero martoriato » pensò l’uccello: e allargò le ali e volò via per l’aria, descrivendo larghi giri intorno al Crocifisso.
Gli volò intorno parecchie volte senza ardire d’avvicinarsi, perché era un uccellino timido, che non aveva mai osato avvicinarsi ad un uomo. Ma un po’ per volta si fece coraggio, volò molto vicino e col becco tolse una spina che si era piantata nella fronte del Crocifisso.
In quel momento una goccia di sangue del Crocifisso cadde sul petto dell’uccello. Si allargò rapidamente, colò giù e tinse tutte le pennine delicate del petto. Ma il Crocifisso aperse le labbra e sussurrò all’uccello: « Per la tua pietà ora avrai quello che la tua razza ha desiderato sempre da quando fu creato il mondo ».
Poco dopo, quando l’uccello ritornò al suo nido, i piccini gridarono: « Il tuo petto è rosso, le penne del tuo petto sono più rosse delle rose! »
« Non è che una goccia di sangue della fronte di quel pover’uomo » disse l’uccello. «Scomparirà, appena farò il bagno in un ruscello o in una limpida sorgente. »
Ma quando l’uccellino fece il bagno la macchia rossa non scomparve dal suo petto, e quando i suoi piccini divennero grandi, la tinta rossa splendeva anche sulle penne dei loro petti, come d’allora in poi splende sul petto e sulla gola di ogni pettirosso.
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Messaggioda drago-lontra blu » 21/12/2009, 23:05

Vorrei questa volta riuscire a dirti che questa bellissimo racconto mi è piaciuto, ma ho pensato ma, ma, ma, ma come, ma, ma, ......ci sono rimasta male.
E' solo il mio parere, naturalmente, ma mi mette una tristezza infinita, mi lascia anche delusa dal modo con cui viene finalmente conquistato il tanto ambito colore rosso, mi sento dispiaciuta Gladius, mi pare intrinseco di una compassione sofferta tipica del cristianesimo.
Non sto criticando, è che ci sono rimasta male.....con tutti i modi che ci sarebbero stati ..uffaaaaaaaaaaaa

smakkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkkk
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Messaggioda Oliviero Angelo » 21/12/2009, 23:42

Capisco esattamente quello che ti...perplessa eheheh.....scusa l'ennesimo mio neologismo...
C'è questo retaggio catto-religioso che ormai sentiamo tutti noi come estremamente limitativo ed ...umano, in ogni sua debole concezione.
Ma io resto comunque sempre colpito dal gesto così piccolo ma pregno d'incondizionato e compassionevole amore di questa piccola grande creatura divina che simboleggia per me al meglio di un dono ricevuto nel donare.
E sorridi, bluissima anima luminosa!
Se non altro perché tutto è solo una storiella e la reale fiaba dell'esistenza noi l'abbiamo scritta a caratteri luminosi nel nostro esteso DNA.
Uno svolazzon???

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Messaggioda shanti » 22/12/2009, 12:18

A proposito di pettirossi, ho trovato un'altra leggenda....

Nella stalla dove stavano dormendo Giuseppe, Maria e il piccolo Gesù, il
fuoco si stava spegnendo. Presto ci furono soltanto alcune braci e
alcuni tizzoni ormai spenti. Maria e Giuseppe sentivano freddo, ma
erano così stanchi che si limitavano ad agitarsi inquieti nel sonno.
Nella stalla c'era un altro ospite: un uccellino marrone; era entrato nella
stalla quando la fiamma era ancora viva; aveva visto il piccolo Gesù e
i Suoi Genitori, ed era rimasto tanto contento che non si sarebbe
allontanato da lì neppure per tutto l'oro del mondo.
Quando anche le ultime braci stavano per spegnersi, pensò al freddo che avrebbe patito il Bambino messo a dormire sulla paglia della mangiatoia. Spiccò il volo e si posò su un coccio accanto all'ultima brace.
Cominciò a battere le ali facendo aria sui tizzoni perché riprendessero ad ardere.
Il piccolo petto bruno dell'uccellino diventò rosso per il calore che
proveniva dal fuoco, ma il pettirosso non abbandonò il suo posto.
Scintille roventi volarono via dalla brace e gli bruciarono le piume
del petto ma egli continuò a battere le ali finché alla fine tutti i
tizzoni arsero in una bella fiammata.
Il piccolo cuore del pettirosso si gonfiò di orgoglio e di felicità quando il bambino Gesù sorrise sentendoSi avvolto dal calore.
Da allora il petto del pettirosso è rimasto rosso, come segno della sua devozione al Bambino di Betlemme.

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Messaggioda drago-lontra blu » 22/12/2009, 13:47

adesso ci siamo, nu svolazz on...on..on...
vi voglio bene.Smakkkkkkkkkkkkkkkkkkkkk
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Messaggioda RaggiodiSole » 29/12/2009, 17:08

Il Pettirosso mi ha sempre attratto e spesso, nelle giornate fredde spesso si avvicina ancor di più per cercare riparo e non di rado mi saltella vicinissimo e guarda con i suoi occhietti vivacissimi e saltella la danza della Vita.
Purtroppo, la Chiesa vede sempre dolore ...sofferenza ...e dolore ancora, per tutto c'è il risvolto doloroso, se ti vuoi innalzare Spiritualmente, io non credo proprio che ciò debba essere tale per arrivare al Divino: la gioia, la serenità, l'allegria sono mezzi potentissimi per arrivare a Lui, le vibrazioni dell'Anima quando si ride, quando siamo sereni, sono altissime, si sente dentro e si irradiano fuori.
E questa è una condizione che abbiamo dentro di noi, e non dipende tanto da cosa e da chi siamo contornati, le situazioni difficili ci sono per tutti, ma se sei consapevole e cosciente, tutto acquista un sapore diverso e la serenità non ti abbandona e riusciamo a superare meglio lo scoglio.
Vi abbraccio nella Luce del Raggio Blu
Raggiodi sunny

sirio Michael sirio
Vita e Morte: nel Sole trovano la perfezione del cerchio.


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