
Dolma -Tārā Bianca
Dolma è il nome in tibetano che mi è stato dato dal monaco tibetano, che mi ha anche trasmesso delle conoscenze e mi ha riconosciuto in questa divinità attraverso una iniziazione che al momento mi lasciò attonita e stordita... mi diede un colpo sulla mia fronte (così forte da farmi perdere l'equilibrio) con la sua, sentii male e allo stesso tempo come se si aprisse un muro dietro il quale c'era una luce, la mia LUCE. Nel darmi questo nome riconobbe il mio cammino bhuddico e il compito che mi sono scelta in questa mia attuale vita terrena. In questi giorni comprendendo sempre di più il percorso che ho davanti ho ancora più chiaro perché Gheshe Lo mi ha riconosciuto in questa emanazione femminile divina. E con gioia per chi non la conoscesse metto questo post.
E questa volta vi saluto con Om tare tuttare ture mama ayurjnana punye pushting svaha, (il mantra di Dölkar o Tara Bianca) salute e lunga vita a tutti voi
Ajna
Tārā (letteralmente in sanscrito: Stella) o Arya Tārā, nota in tibetano come Dölma (sGrol-ma) o Jetsun Dölma, è un Bodhisattva trascendente femminile del Buddhismo tibetano. Rappresenta l'attività compassionevole (sanscrito: karuna) e la conoscenza dell'intrinseca vacuità di ogni dualismo (prajñāpāramitā).
Gli aspetti di Tārā
Con Tārā in effetti si intendono numerose diverse emanazioni e forme, come diversi aspetti di un bodhisattva trascendente, preso cioè metaforicamente per incarnare una particolare qualità. Tārā stessa potrebbe essere considerata una emanazione di Avalokiteśvara o addirittura la sua variante femminile nel Buddhismo tibetano e nel Buddhismo Mahayana indiano. Infatti Avalokiteśvara stesso nel Buddhismo estremo orientale (in Corea, Cina, Giappone e Vietnam) è rappresentato come una donna (Guanyin).
. Tārā Bianca, la compassione, la serenità e la cura, conosciuta anche come Cintachakra o Pozzo dei Desideri.
Tārā Bianca, oltre a Sitatārā, è anche Sitātapatrā, la Reggitrice di ombrello che protegge dalle ingiustizie e dai danni, e Uṣṇīsavijayā, la "Vittoriosa per l'unisa" (cioè la protuberanza cranica tipica dei Buddha) considerata pertanto madre di tutti i Buddha.
Tutte e quattro le principali tradizioni del buddhismo tibetano (Sakyapa, Gelugpa, Ningmapa, Kagyupa) recitano nei monasteri al mattino una Preghiera delle 21 Tārā. Anche è diffusa una pratica meditativa detta di Tārā in cui si recita il mantra a lei connesso:
Om Tare Tuttare Ture Shava ( shava si pronuncia SOHO )
Esiste anche una serie di 108 lodi a Tārā che possono essere recitate accompagnandosi dal rosario buddhista di appunto 108 grani.
Il culto di Tārā nel Buddhismo tibetano
Iconografia tibetana di Tārā BiancaTārā come salvatrice compassionevole ode le grida di disperazione degli esseri nel Saṃsāra, ma sorridendo nell'iconografia risponde a chi chiede aiuto. Da ciò la sua grande popolarità come culto che fu assunto dal Buddhismo Vajrayana già verso il VII secolo. La diffusione del buddhismo in Tibet vi portò anche Tārā, che come culto rimane tuttora molto praticato in tutte le aree in cui è diffuso il Buddhismo tibetano mentre si è estinto in India assieme al Buddhismo Vajrayana e Buddhismo Mahayana nel XIII secolo. Mentre i comuni fedeli invocano Tara per protezione, per consolazione e aiuto nelle tristezze della vita, nei monasteri e tra i praticanti laici del Buddhismo Vajrayana più istruiti divenne una divinità tantrica, una Yidam (tibetano: thug dam) da visualizzare, focalizzare ed evocare nella meditazione in modo da raggiungere la fonte stessa delle qualità di compassione illuminata di cui Tara è simbolo.
Leggende popolari su Tārā
La nascita di Tārā è usualmente associata ad Avalokiteśvara, il Bodhisattva della compassione. Questi, visualizzati i mondi più bassi in cui il ciclo delle rinascite porta gli esseri, mosso a compassione e deciso di dedicarsi alla salvezza di tutti, versò delle lacrime. Da queste si formò un lago in cui nacque un fiore di loto. Allo sbocciare del fiore al centro si trovava Tārā.
In un'altra leggenda si narra che Tārā, in una sua antichissima manifestazione come Yeshe Dawa (Luna della Consapevolezza Primordiale), dedicasse offerte al Buddha Tonyo Drupa per milioni di anni e da questi l'abbia istruita sul concetto di bodhicitta.
In seguito, avvicinata da dei monaci, si sentì dire che avrebbe dovuto mirare a una rinascita come maschio, per poi raggiunge l'illuminazione. Ella prontamente ribatté che l'essere di sesso femminile era una barriera per raggiungere l'illuminazione solo per gli ottusi che ancora illuminati non erano. Prese quindi la decisione di rinascere come bodhisattva femminile fino a che il Saṃsāra non si fosse svuotato. Dopo decine di milioni di anni di meditazione Yeshe Dawa manifestò la sua illuminazione suprema come Tārā.
A riguardo di questa storia così si espresse il XIV Dalai Lama:
"C'è un vero movimento femminista nel buddhismo che è collegato alla deità Tārā. Perseguendo la sua educazione alla bodhicitta, ovvero la motivazione del bodhisattva, lei pose lo sguardo su quanti si sforzavano di conseguire il pieno risveglio, e si rese conto che erano troppo pochi quanti ragiungevano la buddhità come donne. Così fece un voto: "Io in quanto donna ho sviluppato la bodhicitta. Per tutte le mie vite lungo il percorso faccio il voto di rinascere donna e, nella mia ultima vita quando conseguirò la buddhità, anche allora sarò una donna." Questo è vero femminismo."
Tārā Bianca si identifica iconograficamente per avere sette occhi: uno per ogni palmo e pianta del piede e uno sulla fronte. La sua raffigurazione è sempre con le gambe chiuse nella posizione del loto (sanscrito: padmāsana). Se alla sua immagine si accompagna un loto questo è sempre bianco.
Come Sitatārā , ovvero Wen Cheng, con la mano destra compie il mudrā di garanzia (sanscrito: varadamudrā) mentre con l'altra indica l'incoraggiamento (sanscrito: abhayamudrā).
Come Sitātapatrā con una mano regge un ombrellino, mentre l'altra è nel mudrā della rinuncia (sanscrito: śramaṇamudrā).
Come Uṣṇīsavijayā ha tre volti di tre occhi ciascuno, e otto braccia che portano a destra: un'immagine del Buddha, un doppio vajra, una freccia e il mudra di garanzia, a sinistra: un mudra di incoraggiamento, un laccio, un arco e un vaso di Āmritā o gioielli.
Come Mahāśītārā indossa i gioielli e la corona a cinque fiamme da bodhisattva trascendente. Se ha un poggiapiedi lo tocca solo con le dita dei piedi. Talora rappresentata nel mudrā di attivazione della ruota della dottrina (sanscrito: darmachakrapravartana).