Michele e il graal: per chi ha orecchie per intendere

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drago-lontra blu
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Michele e il graal: per chi ha orecchie per intendere

Messaggioda drago-lontra blu » 19/01/2013, 15:00

mi ripropongo di presentarvi poco per volta un piccolo libretto, liberamente tratto in versione pdf nel web, legato al nostro amato Arcangelo. Una nuova visione e una nuova ricerca, vista con gli occhi di http://it.pdfsb.com/segni+e+simboli+adr ... ffiti+roma

mi è piaciuto. :emtc110:

CHI HA ORECCHIE PER INTENDERE INTENDA. SIMBOLI E SEGNI DELLA CHIESA DEL GRAAL
CAPITOLO UNO: GLI INIZI
Introduzione
Tutto iniziò nel Maggio del 2001. In quel periodo per distrarmi dalle ultime fasi della
mia carriera accademica ( ero molto vicina al traguardo) decisi di accettare la proposta
dei miei di accompagnarli in un pellegrinaggio in Puglia da Padre Pio di Pietralcina.
Accettai perché era un occasione di evasione e anche perché, con i sensi allenati della
ricercatrice provetta, in fondo sentivo che quel viaggio mi avrebbe aperto nuove
strade. Sarebbe stato una sorta di rinascita. Certo collegavo questa rinascita alla
riscoperta di un senso religioso che sentivo profondamente in crisi. Da un po’ di
anni, infatti, soffrivo di una forma di distacco misto a una certa dose di insofferenza
verso la religione in cui ero cresciuta, quella cristiano cattolica. Questo fatto derivava
da due motivi principali; il primo, dalla delusione provata nei confronti dei
comportamenti dei sacerdoti della mia parrocchia. Il secondo motivo era intellettuale.
Grazie ai miei studi di storia avevo sviluppato un notevole spirito critico che mi
portava a non poter prendere per buona nessuna affermazione, se non dopo un
attento esame. In più, la tesi che stavo preparando, si occupava di antropologia e
stavo analizzando argomenti prima mai affrontati. La religione e i miti di altri popoli,
mi rivelavano sorprendenti conoscenze ma , soprattutto, un misticismo, un senso del
sacro, che sentivo carente nella religione cattolica, a cui, spesso, alle parole piene di
amore e tolleranza non erano mai seguiti i fatti. Inoltre, lo dovevo anche alla viscerale
e atavica animosità che provavo verso ogni forma di potere costituito, espressione di
un naturale indomito spirito anarchico. Questo amore per la verità, condito con lo
sprezzo dei dogmi, si risvegliò improvvisamente in una delle città più magiche e
misteriose di Italia: Monte Sant’Angelo.

Monte Sant’Angelo.
Monte Sant’Angelo è una località della Puglia fortemente legata al culto micaelico. Ed
è principalmente questo fatto che lo rende pieno di fascino. Questo fascino si trova
in bilico tra la spiritualità che emana, e tra la storia che è scritta tra le sue mura, centro
frequentatissimo nel medioevo da pellegrini e da crociati pronti a recarsi in terra
Santa, tradizione rimasta nei secoli fino ai giorni nostri.
La cittadina sorse nel secolo V intorno al luogo dove apparve San Michele Arcangelo,
l'Angelico archistratega che i Longobardi considerarono addirittura santuario
nazionale. Fu a lungo contesa da Bizantini, Longobardi, Saraceni e Normanni.
Dall'XI secolo la Puglia ha due poli religiosi egemoni: San Nicola a Bari e il Santuario
Micaelico a Monte S. Angelo, entrambi inseriti nelle più importanti vie dei
pellegrinaggi europei, quali la via Sacra Langobardorum e la via Francigena. Nel Mille
fu un avamposto della Chiesa di rito latino contro i Bizantini, e diventò tappa
obbligata di pellegrini e crociati, di religiosi e sovrani. Occupata dagli Angioini,
ottenne nel 1401 il titolo di città e, dopo essere passata sotto il dominio degli
Aragonesi, divenne in epoche successive feudo 2 di Giorgio Castriota Scanderbeg, di
Fernandez de Cordoba e, dal 1552, della famiglia genovese dei Grimaldi. Nel corso
dei secoli è sempre stata un punto d'approdo canonico del turismo internazionale, e
non solo di quello religioso

Il santuario di San Michele Arcangelo
Il santuario di San Michele arcangelo che fu realizzato nella grotta dove, tra il 490 e il
493, avvenne l’apparizione dell’arcangelo ad un pastore, costituì il perno attorno a cui
si sviluppò l’abitato sin dal V sec. Diverrà il "santuario nazionale" dei Longobardi e
nel corso dei secoli vedrà illustri pellegrini, papi, santi e sovrani. All'esterno del
santuario si erge un imponente campanile, di forma ottagonale, costruito nel 1274 su
commissione di Carlo I D'Angiò, modellato secondo lo schema e le proporzioni delle
torri di Castel del Monte. Il santuario presenta all'esterno un doppio portale gotico (la
parte sinistra è un'imitazione ottocentesca di quella di destra che è del trecento) in cui
si apre l'accesso a cinque rampe di scale che si sprofondano nella roccia per condurre
all'atrio interno della chiesa, con portale romanico provvisto di porte bronzee
realizzate a Costantinopoli nel 1076, donate dal nobile amalfitano Pantaleone III.
All'interno ad una navata con volte ogivali della chiesa è collegato, sul lato destro, la
grotta del santuario primitivo, ricco d'opere d'arte, tra queste la statua marmorea
dell'arcangelo è attribuita ad Andrea Sansovino (XVI) e la sedia episcopale marmorea
del XII sec., su due leoni accovacciati. Sulla sinistra dell'altare dell'Arcangelo si trova
l'altare della Madonna, con tre sculture in pietra sulla parete: la Trinità del XI sec., la
Madonna delle Grazie e San Matteo. Nel museo all’interno del santuario sono
presenti alcuni reperti di frammenti sculturei rinvenuti dagli scavi e dalle varie
campagne di restauri effettuati nella basilica di San Michele. Altri reperti provengono
dalla vicina abbazia di Pulsano. Di particolare interesse i resti dell'ambone (1041),
scolpito dall'arcidiacono Acceptus3 composto dal leggio, dall'aquila e dai capitelli.
Del sec. XII sono i resti della poco lontana chiesa di S. Pietro, che contiene la
cosiddetta Tomba di Rotari4 forse un antico battistero romanico, con uno splendido
portale finemente scolpito e che costituisce il secondo polo (dopo il santuario
micaelico).

continua...................
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Re: Miche e il graal: per chi ha orecchie per intendere

Messaggioda drago-lontra blu » 19/01/2013, 15:08

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La chiesa
Della chiesa di S. Pietro restano oggi in piedi solo la zona absidale e alcune tracce
della struttura. Dell’edificio altomedievale, eretto probabilmente nell’VIII secolo, si
parla per la prima volta nel testo del Liber de apparitione. I esso si dice che il
vescovo di Siponto, tradizionalmente identificato con Lorenzo, fece costruire una
chiesa intitolata al beato Pietro, principe degli Apostoli, in cui trovarono posto due
altari dedicati rispettivamente alla Vergine e a S. Giovanni Battista. Nell’area di S.Pietro
si raccolse, tra la fine dell’XI e gli inizi del XII secolo, un complesso
monumentale in cui trovarono posto altri due edifici, il battistero di S. Giovanni in
Tumba e la chiesa di S. Maria Maggiore, collegati tra loro da un corridoio. Lo
sappiamo dalla Vita di Lorenzo, altro documento della massima importanza per le
vicende del santuario micaelico, scritto per la Vita minor agli inizi dell’XI secolo e per
la maior entro la fine dello stesso secolo. In quest’ultima redazione emerge la
presenza di tre edifici e non più della sola S. Pietro. Tradizionalmente si è sempre
ritenuto che l’area su cui sorgeva il S. Pietro più antico fosse da identificare con
quella antistante l’abside oggi ancora visibile. Studi recentissimi basati sulla rilettura
delle fonti, sull’analisi orografica dell’area nonché sull’individuazione di particolarità
costruttive incongruenti relative al S. Giovanni in Tumba, hanno portato all’ipotesi
che l’edificio altomedievale dedicato a S. Pietro, quello ricordato nel Liber de
apparitione, potesse sorgere sull’area oggi occupata dal S. Giovanni. In seguito la
dedicazione a S. Pietro sarebbe stata trasferita all’edificio costruito ex novo verso
ovest; la vecchia chiesa – di dimensioni assai contenute – sarebbe stata dedicata a S.
Giovanni Battista, diventando edificio battesimale in funzione del nuovo polo
religioso che a sud avrebbe visto la costruzione della chiesa dedicata alla Vergine.

Il battistero
Il battistero di S. Giovanni – conosciuto come Tomba di Rotari a causa della
scorretta interpretazione del termine tumba, che compare nell’epigrafe all’interno
dell’edificio – fu fondato da un certo Pagano, originario di Parma ma residente a
Monte Sant’Angelo, ed da un Rodelgrimo, nativo del Gargano, entrambi rintracciati
in un documento del 1109 che li identifica come cognati. Addossato in parte alla
roccia, ed in parte incastrato nel volume absidale della chiesa a cielo aperto intitolata
a S. Pietro, era probabilmente un edificio pertinente a quest’ultima; si tratta di un
ambiente cubico absidato ad oriente, con le pareti incorniciate da robuste arcate
concentriche a sesto acuto, su cui furono innestate – una sull’altra – una serie di
forme geometriche irregolari rastremate verso l’alto: un prisma ottagonale, due

cilindri a sezione ellissoidale ed infine una cupola intessuta ad anelli concentrici. Due
ordini di finestre e tre cornici ne scandirono i piani ascendenti, fino a conferirgli
l’aspetto di una massiccia torre campanaria d’Oltralpe. Complessivamente le
suggestioni culturali relative a questo tipo di edificio si rivelano assai eterogenee,
tanto da aver suggerito – di volta in volta – rimandi alla tipologia dei mausolei
fatimidi, delle cube siciliane e dei minareti islamici, nonché ricordi dei battisteri
pertinenti alle chiese crociate di Terra Santa, delle costruzioni cupolate pugliesi e di
esperienze borgognoni ed alverniati. La singolarità d’impianto e di mole suggerirono
già al Bertaux di riconoscervi una sorta di torre campanaria edificata alla maniera
pugliese ma secondo indicazioni filtrate proprio dalle esperienze borgognone. Le
continue oscillazioni della critica sulla destinazione d’uso del S. Giovanni
coinvolgono un aspetto assai complesso che riguarda la tipologia dei battisteri e dei
mausolei e le innegabili interrelazioni simboliche tra vita/rinascita e morte.
Tipologicamente tra battisteri e mausolei sono sempre esistiti stretti legami, tanto dal
punto di vista strutturale quanto da quello simbolico. Uno dei dogmi fondamentali
della mistica del battesimo, basilare per il pensiero cristiano, è riferito nella Lettera di
San Paolo ai Romani6, da cui si evince che il battesimo come rituale, oltre a
comportare la cancellazione del peccato, porti insita l’idea di sepoltura e morte.
Un’equazione mistica sembra realizzarsi tra battesimo, morte e risurrezione,
intendendo per morte la morte del vecchio Adamo e una imitazione simbolica della
morte di Cristo. Lo schema ottagonale, simbolo di risurrezione e rigenerazione, è
l’elemento che lega il mausoleo dal punto di vista tipologico al battistero come luogo
simbolico di risurrezione. La stessa motivazione fa degli edifici dedicati al Battista
edifici ottagonali, a prescindere dalla presenza o meno di fonti battesimali. Non di
rado questi sono edificati in aree cimiteriali, rafforzando l’equazione mistica che
associa battesimo, morte e risurrezione. Un programma iconografico assai ricco ed
articolato si dispiega sul portale, sui capitelli, sulle cornici, coinvolgendo angeli, scene

dell’Antico e del Nuovo Testamento, nonché misteriosi personaggi con ruolo e
presenza “esemplari” (e tuttavia non sempre espliciti), probabili allegorie dei Vizi e
delle Virtù. L’ingresso al battistero avviene attraverso una piccola porta aperta a
sinistra dell’abside di S. Pietro, di semplice forma architravata, ricavata nello spessore
della muratura e sormontata da due blocchi scolpiti di materiale diverso sistemati in
funzione di lunetta e di architrave.
Le tematiche della lunetta, dell’architrave e dei capitelli dell’interno svilupperebbero
infatti una sorta di messaggio salvifico più adatto ad un mausoleo che ad un
battistero, come si è voluto sottolineare confrontando certe caratteristiche del S.
Giovanni in Tumba con quelle di alcune torri sepolcrali della Persia settentrionale.
L’ipotesi di una ricostruzione e/o trasformazione in chiesa o battistero della primitiva
fabbrica – avente una presumibile destinazione funeraria – sarebbe d’altro canto
confortata da alcune evidenti incongruenze strutturali, quali l’incoerenza con il resto
dell’edificio – nei modi costruttivi – della nicchia absidale. Un’insolita fascia continua
istoriata caratterizza l’interno della Tumba, in controtendenza rispetto alla
consuetudine pugliese di privilegiare un’ornamentazione di tipo vegetale e comunque
aniconico, soprattutto quando si tratti di capitelli. Sono storie bibliche legate dalla
comune presenza angelica8, come il sacrificio di Isacco o l’annuncio ai pastori, tutte
caratterizzate da un ritmo aspro ed angoloso e da una sorta di moto danzante, che la
critica riconosce come tipico dell’esperienza delle forme plastiche aquitaniche9. In
ogni caso è palpabile la partecipazione a nuovi orizzonti mentali, anche per la
recuperata attitudine a proporre la scultura come strumento di racconto. Un racconto
che sembra esprimersi compiutamente nelle scene della storia di Abramo, fissata nei
due episodi fondamentali della filoxenia e del sacrificio di Isacco, perfetta
prefigurazione della vicenda di Cristo secondo i nessi tipologici tanto cari al
Medioevo. Soprattutto riporterebbero la descrizione dei pericoli e degli ostacoli
inerenti a tale percorso ravvisati in alcune emblematiche raffigurazioni identificate,
per le loro connotazioni negative, come vizi capitali.
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sharhazad
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Re: Miche e il graal: per chi ha orecchie per intendere

Messaggioda sharhazad » 19/01/2013, 17:10

me li sto stampando...mi concentro di piu con un foglio in mano....mi sembra interessante!!!!!
grazie sha..
Ma adesso ho aperto il link..si può stampare anche da lì direttamente?
perdonami...grazie..ti voglio bene!!!!!

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drago-lontra blu
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Re: Miche e il graal: per chi ha orecchie per intendere

Messaggioda drago-lontra blu » 19/01/2013, 20:00

Si certo. Diventa interessante fra qualche riga..gh gh gh gh. Ciao Sha. :emtc110:
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drago-lontra blu
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Re: Miche e il graal: per chi ha orecchie per intendere

Messaggioda drago-lontra blu » 19/01/2013, 20:06

CAPITOLO DUE : OLTRE I CONFINI
Introduzione

La descrizione ufficiale del simbolismo della tumba la collocherebbe nel tranquillo
panorama dell’ortodossia cattolica.
Ma è proprio così?
A un primo impatto devo dire che , rispetto ai complessi religiosi della Puglia, la
tumba di Rotari dà una sensazione molto particolare. Sembra quasi che l’anima si
innalzi a vette inaudite, seguendo un percorso iniziatico che sembra non aver molto
in comune con i dogmi cattolici.
In realtà, sembra di trovarsi in presenza di un vero e proprio libro di pietra che, cela
al suo interno, un messaggio diverso da quello che ci si aspettava: la fede senza gnosi
non può esistere. La fede senza gnosi è solo bigottismo brutale, superstizione,
ignoranza che priva l’uomo della sua reale natura, della sua origina e perciò della sua
dignità. La tumba di Rotari appartiene a quei luoghi che contribuiscono a restituirci il
nostro vero volto cosicché la fede diventi uno strumento non di controllo ma di
elevazione.

Gli indizi

Appena si arriva all’ingresso della tumba si può osservare nell’architrave dell’ingresso
un rosone con quattro sirene o donne serpente che incorniciano una stella a otto
punte. Al di sotto di questa immagina si trova la raffigurazione di un calice con l’ostia
e in più si trova il classico stemma massonico (la mano che regge un compasso) che,
stranamente, sembra in armonia con gli altri elementi.
All’interno si trova una vasca quadrata e un architrave che porta all’interno in cui
compare una croce che origina da due sfere, seguita dalla famosa scritta Q PETISH.
Questa scritta è stata tradotta da molti critici come quod petis habebis ossia tradotta “ ciò
che chiedi avrai” espressione genericamente ripresa dalla Bibbia e interpretata come
allusione al battesimo. Entrando sulla destra si trova una vasca circolare e sulla
sinistra, un sarcofago vuoto scavato nella roccia. All’interno della tomba sulla cornice
imposta dal tamburo si trovano tre figure femminili: la prima fuoriesce dal guscio di
una lumaca mentre una mano sembra volerla svegliare dal sonno, la seconda
rappresenta una donna seduta con un ampio mantello che stringe al seno un
bambino dormiente, la terza rappresenta un donna sdraiata con una lunga chioma,
nuda mentre viene addentata alla mammella destra da un serpente. Inoltre, dalla base
di volta, più piani si sovrappongono assottigliandosi, passando dal quadrato della
base all’ottagono intermedio ed al cerchio di volta. Nel quadrato di base della tomba
è, invece, inscritto il sigillo di Salomone. Un altro indizio interessante lo si trova
nell’atrio superiore del santuario Micaelico, dove collocata in altro rispetto alla porta
di ingresso a destra , c’è una lapide con un’iscrizione che recita “Terribilis est locus iste hic
domus Dei et porta coeli” che è tradotto come “Questo è un luogo terribile. Questa è la casa di
Dio e la porta del Cielo”, tratta dalla Genesi.

Il simbolismo
Il rosone

La prima simbologia che si incontra, foriera di significati occulti, è quella del
serpente. Il serpente è collegato alla simbologia dell’anello, del tutto, specie nella sua
forma di Uroboros il serpente che si morde la coda.
Se l’anello o cerchio appare con una croce nel mezzo si tratta del simbolo della Rosi-
crucis che, secondo Lawrence Gardner,11 è n richiamo al Sangreal. La rosi crucis
diventa un simbolo della linea dinastica patriarcale, discesa per il tramite di Lilith e
Maria Maddalena.
Un'altra associazione con il serpente , è il drago drakon. Il vocabolo di origine greca è
affine a edrakon, ossia vederci chiaro ed è equivalente a nahash termine biblico che
significa serpente, oppure decifrare, scoprire. Il serpente, infatti, era colui che vedeva
chiaramente le cose in modo limpido e pieno di saggezza, qualità che caratterizzano il
sapiente. Il serpente veniva quindi associato sia alla saggezza, sia alla guarigione.
In Mesopotamia, il drago Mushus, aveva compiti di guardiano e i re e le regine
messianiche (unte, consacrate) venivano chiamati dragoni o pendragoni perché ad
essi venivano attribuite le virtù dell’animale. Tali re, venivano nutriti con una
particolare sostanza, l’essenza lunare delle regine dragone (contenenti secrezioni
endocrine capaci di esaltare alcune qualità interiori). In Iran, inoltre, esiste una pianta
molto particolare, la dracena draco appartenente al genere delle liliaceae (giglio), la cui
resina è conosciuta come sangue del drago. Probabilmente questa sostanza
rappresentava un sostituto di tale mistura, chiamata fuoco stellare che, al pari della
secrezione mestruale e per la forte assonanza simbolica con quest’ultima, veniva usata
nella cerimonie di consacrazione.
Le regine dragone (le sacerdotesse) venivano associate per questo motivo al fiore del
giglio o del loto tramite nome che portavano: Lilia, Lilith , da cui, secondo Gardner,
scaturirebbe il lignaggio De Lac. Altre variazioni si ravvisano nel nome Del Acqs. La
stessa rosa crucis è spesso definita coppa delle acque ed è uno dei simboli del Graal,
identificato con il sangue messianico raccolto nel sacro calice scaturito dal grembo
materno. La simbologia del Graal presente a Monte Sant’Angelo, potrebbe riportare
a queste simbologie che risalgono agli albori di una leggenda che in seguito venne
cristianizzata.
La prima decodifica di questa leggenda, ci parla di una guarigione spirituale più che
fisica, come se il Graal e i suoi poteri agissero sul piano dell’anima , restituendo o
modificando, le percezioni sensoriali dell’adepto. Bevendo dal Graal (che in origine
conteneva una mistura in grado di risvegliare nell’uomo facoltà assopite da tempi ma
sempre presenti) l’uomo normale raggiungeva un lignaggio mitico e si ritrovava ad
appartenere a una linea messianica che, partendo dalla Mesopotamia, si ritrova nella
bibbia e viene trasmessa per via Matriarcale.
Ma soprattutto i simboli sembrano spronarci a scoprire, a decifrare i simboli, a
vederci chiaro a raggiungere lo stato di iniziato e le sue qualità , poiché soltanto chi è
in possesso di queste chiavi potrà essere in grado di decifrare il codice.
Consacrazione, unzione, saggezza, capacità di guarire o aturoguarisi, indicano un
uomo che appartiene a un lignaggio sacro di tipo sacerdotale, che dagli albori della
storia umana sembrano portarci fino all’ebraismo. Lo stesso simbolo massonico dà
l’idea che, un codice simile, sia stato in possesso di società segrete che, però, hanno
sparso simboli che soltanto gli iniziati possono decifrare. Inoltre , il richiamo alla
massoneria e l’immagine di una stella identificata con Sirio o con Venere le stella del
mattino, sembrano indicare due cose: la conoscenza stellare collegata alla
resurrezione e alla conoscenza delle origini, ma anche alla Dea Madre. Che la
Tumba sia un tempio della Dea?
Quest’ultima considerazione è avallata dal simbolo della Dama Serpente. Il serpente è
la forza creatrice della rigenerazione( crea e rinnova) che si snoda dalla spina dorsale
fino a raggiungere le ghiandole poste alla sommità del capo; è la kundalini che è la
tempo stesso la regina del Graal. La regina del Graal è l’iniziatrice, colei che innesca il
processo di redenzione, è Kali che rinnova e distrugge e la Shakti l’energia primigenia
della creazione, la forza femminile per eccellenza. Tra queste regine del Graal, esiste
la figura di Melusina con ali di pipistrello e coda serpentina (animali sacri alla Dea),
oppure la donna serpente o la sirena. Essa è custode di un anello (simbolo come si è
detto della conoscenza) ma anche autentica erede e creatrice della linea del santo
Graal.
Questo simbolismo non può che essere associato al culto della Dea Madre che ebbe
origine quando, gli antichi, individuarono la sua controparte celeste. Questa era
ottenuta congiungendo un gruppo di costellazioni14: la figura delinea una donna
distesa, dai grandi seni e dal ventre prominente, figura guida del tempo precessionale
dell’ultima fase del pleistocene. Più tardi fu aggiunto il simbolo della costellazione del
Taurus (fecondatore) felice intuizione del legame cielo e terra.
Conoscenza
stellare,
dunque
dominio
del
tempo,
conoscenza
iniziatica,
trasmutazione alchemica (distruzione rigenerazione), custode della conoscenza: ecco
gli elementi che scaturivano da una prima indagine. Inoltre, vi era anche la traccia di
quella che appariva sempre più come un lignaggio sacerdotale che formava una vera e
propria dinastia. Questa dinastia che custodiva tali conoscenze, riportava
inevitabilmente ai tempi di Cristo dato che, in questa discendenza collegata alla Albi-
gens, associata all’acqua, si rinvenivano i nomi Maria, Miriam (Merrovw o Meirmaid). Le
storie delle fate e delle fonti incantate, si tramutavano, dunque, in riferimenti
allegorici alla cerimonia del fuoco stellare che accendeva la conoscenza superiore e
permetteva all’energia femminile di rigenerare tessuti e spirito. La tradizione del
fuoco stellare15, rappresenta il veicolo della luce della conoscenza, ossia
l’illuminazione che sconfigge, la gnosi che non può avvenire se non dopo la
purificazione, l’eliminazione delle scorie e il sacrificio del se.
Maria è la domina del acquae ed erede della casa del Acqs tramite il simbolismo del
giglio, questa eredità si mantenne e si collega alla Maddalena. La Maddalena, inoltre,
è collegata anche alla sposa perduta del cantico dei cantici. Questo è un testo di
origine sumera e fa riferimento al matrimonio sacro tramite il quale la sposa
messianica festeggia lo sposalizio regale ungendo lo sposo con olio di nardo.
Importante è anche l’immagine iconografica della Maddalena che è spesso raffigurata
con un mantello rosso sopra una veste verde. Questi due possono essere interpretati
sia come simbolo dell’alto grado ecclesiastico, sia alla cerimonia del fuoco stellare
mentre il mantello verde la collega direttamente alla fertilità e alla fecondità. Le due
Marie (la Maddalena e la Vergine Maria) si presentano come i due aspetti o
incarnazioni viventi, di uno stesso principio cosmico (stellare) la Vergine e la Madre
cosmica. Il loro legame con l’acqua richiama anche il concetto di Gnosi che, in
quanto femminile, si incarnava nelle regine sacerdotesse. L’immagine della sirena è un
allegoria della sapienza e della Sophia, le uniche in grado di creare la vita traendola
fuori dalla materia informe. La Sapienza delle regine Dragone è il ponte che collega la
vita quotidiana al regno dell’Eternità , l’accesso al quale si ottiene soltanto tramite un
esperienza personale di Gnosi.
Non si dimentichi, inoltre, che il riferimento alla coppa che contiene in essa un ostia,
non fa dell’edificio soltanto un riferimento al cristianesimo, ma identifica il luogo
come centro in cui viene custodito il Graal.
Cosa si intende qui per Graal?
Come molti sapranno il Graal è stato al ungo identificato come una coppa, un
piatto, una stirpe sacra, o addirittura una pietra (lapis exilis). In questo caso, esso è
considerato come simbolo di una coscienza portatrice di un senso di eternità che
costituisce l’elemento base per il raggiungimento di uno stato di iniziazione reale. In
sostanza, il Graal qui rappresentato e custodito, non è altro che un linguaggio non
scritto, in cui vengono codificate, custodite, e incise,conoscenze alternative,
pericolose per lo status quo esistente e patrocinato dalla Chiesa Cattolica.
E’ evidente che si ha uno scontro tra due diverse dottrine della salvezza: quelle della
chiesa ufficiale e quelle della chiesa alternativa.

Il rosone, inoltre, codifica un infinità di informazioni sulla cerimonia segreta e
misteriosa secondo cui, un uomo purificato e consacrato dal fuoco stellare del
sacrificio e del battesimo, dissolto e riassemblato in una nuova forma, che riunisce in
se la natura femminile con quella maschile in un matrimonio sacro, riesce a entrare
nella dimora dell’eternità, che sembra collocarsi nel cielo, nella zona della cintura di
Orione.
In questo contesto, il Cristo come conservatore del mondo e legislatore del ciclo
attuale, porta agli uomini la conoscenza Sacra nella sua integralità. Il tempio è il
tempio della Dea unico luogo al mondo dove avviene l’unione del cielo con la terra,
della Dea con il Dio. Il culto mesopotamico del matrimonio Sacro trova qui la sua
massima espressione unico mezzo per trasformare l’uomo in un essere divino
(stellare?).
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Re: Michele e il graal: per chi ha orecchie per intendere

Messaggioda mariposa azul » 19/01/2013, 20:30

Questo scritto mi ricorda qualcosa...forse l'ho già letto anni fa ed avevo estrapolato poi una cosa che ho postato. Molto interessante, stiamo entrando nel vivo della parte più interessante.
"Un'altra associazione con il serpente , è il drago drakon. Il vocabolo di origine greca è
affine a edrakon, ossia vederci chiaro ed è equivalente a nahash termine biblico che
significa serpente, oppure decifrare, scoprire. Il serpente, infatti, era colui che vedeva
chiaramente le cose in modo limpido e pieno di saggezza, qualità che caratterizzano il
sapiente. Il serpente veniva quindi associato sia alla saggezza, sia alla guarigione."

Grazie Drago per averlo postato :emtc110:
Quella che il bruco chiama fine del mondo, il resto del mondo chiama farfalla.”
RICHARD BACH

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Re: Michele e il graal: per chi ha orecchie per intendere

Messaggioda drago-lontra blu » 19/01/2013, 20:49

Non a caso il Drago ed il Serpente sono amici, secondo l'oroscopo cinese.
Dai, una mezz'oretta ci può stare, volendo, si legge bene. Ciao Gabry. :emtc126:
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Re: Michele e il graal: per chi ha orecchie per intendere

Messaggioda Guerriero Blu » 19/01/2013, 20:57

mentre leggo mi riporta al viaggio fatto quasi 2 anni fa , e approfitto per postare le foto che avevo fatto personalmente ,guarda caso di ciò che si parla :emtc8:
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Re: Michele e il graal: per chi ha orecchie per intendere

Messaggioda Guerriero Blu » 19/01/2013, 20:58

il rosone
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Re: Michele e il graal: per chi ha orecchie per intendere

Messaggioda drago-lontra blu » 19/01/2013, 21:16

Bellissime Antonio, grazie della collaborazione. :emtc110:

Ps: il titolo del post non vuol essere in alcun modo offensivo ed è quello originale dell'articolo che ho riportato. :emtc168:
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