La compassione – la fine della pena e della sofferenza

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drago-lontra blu
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La compassione – la fine della pena e della sofferenza

Messaggioda drago-lontra blu » 16/01/2009, 22:19

La compassione è la consapevolezza della sofferenza degli altri,
unita ad un desiderio di aiuto naturale e ad una disposizione simpatica per
lenirla
. Si
può essere desti alla pena e allo sconforto degli altri quando non si è più
confinati nella propria pena e nel proprio sconforto. Ed è vero anche l’inverso:
ci deve essere sensibilità verso gli altri al fine di poter realizzare questa
sorta di solidarietà passiva. Gli esseri umani condividono la stessa sorte: l’ignoranza
del proprio destino, il dolore che sembra senza fine e il fatto di essere
effimeri.



In questa comunità ci sono lezioni da
imparare, stadi da raggiungere e una comprensione da realizzare per poter
avanzare nel processo dell’evoluzione. Ad ogni nuova onda evolutiva la mente
cresce nelle forme e le rende più adatte all’onda successiva. La coscienza
diventa più sensibile, più attenta, più compassionevole… più intelligente…
Coloro che hanno raggiunto i più alti stadi dell’evoluzione non sono più umani,
sono un’efflorescenza, sono sovrumani… semidivini. Essa deve imparare
attraverso mezzi temporali con il suo mentale limitato. La compassione è allora il principio di qualcosa di illimitato. La
passione è un amore durevole. La compassione è questo amore durevole per tutti
gli esseri sensibili. Questi ultimi sono innumerevoli, senza limiti. Quando c’è
l’amore, non c’è l’io. Inoltre, quando l’amore è destinato ad innumerevoli
esseri, il sé personale non ha più una base per svilupparsi. Guarire se stessi
non è guarire le proprie pene ad una ad una. E’ vedere i limiti del punto di vista dell’infinità dissolvendo le
frontiere tra l’io e gli altri, tra un sé personale e il Sé Unico
. Allo
stesso modo, guarire gli altri non vuol dire guarire una persona dopo un’altra,
ma piuttosto abbracciare ognuno e tutti in
un unico movimento di benevolenza senza limiti, dando loro lo spazio richiesto
per guarire se stessi. Questo spazio richiesto è esso stesso infinità
.
Guarirsi o guarire gli altri non fa differenza, in virtù della consapevolezza
una, ed anche perché si è se stessi in essenza, l’umanità, e l’umanità è in
essenza se stessi. La compassione è la
fine della pena e della sofferenza.



La compassione è anche il
rimedio universale contro la pena e la sofferenza. Essa guarisce le ferite del
passato, impedisce le preoccupazioni per il futuro raddrizzando le cose nel
presente. Essa consente al mentale di ritornare allo stato naturale di salute, senza dividere, senza suddividere in
compartimenti, unificando e abbracciando tutto.


I quattro
Grandi Voti dei Bodhisattva



Il mentale che abbraccia
tutto è il mentale senza misura, il mentale che non si ferma da nessuna parte.
Questa qualità del mentale caratterizza uno stato di consapevolezza saturo di benevolenza.



. Ogni azione
viene dal mentale. Ecco perché la benevolenza è il fondamento più saggio per il
mentale.



La benevolenza viene dalla
giusta via, dalla meditazione e dalla determinazione del mentale ad aiutare l’umanità, come viene indicata nei quattro Voti dei Bodhisattva:



Per quanto innumerevoli
siano gli essere sensibili,



Faccio il voto di salvarli
tutti.


Per quanto inesauribili
siano le illusioni e le pene,


Faccio il voto di spegnerle
tutte.



Per quanto incommensurabili
siano gli insegnamenti del Dharma,


Faccio il voto di studiarli
tutti.



Per quanto suprema sia la
via del Buddha,


Faccio il voto di
realizzarla completamente.


Che qualsiasi iniziativa di
benevolenza sia benedetta!


Che la compassione illumini
il cuore degli esseri umani!


Che tutti gli esseri
sensibili beneficino del nostro sforzo e raggiungano la felicità!



Federazione Europea della Società Teosofica.


:ciao: Drago drago
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La compassione – la fine della pena e della sofferenza

Messaggioda shanti » 17/01/2009, 0:16

"Jihi viene tradotto genericamente con “compassione”. Ma questa parola, nelle lingue occidentali, viene di solito usata per indicare sentimenti come la compartecipazione alle sofferenze altrui, la pietà o la commiserazione. La compassione buddista invece ha un significato più ampio. Il carattere ji indica la vera amicizia, il puro amore dei genitori e la simpatia mentre hi contiene in sè l’idea di preoccupazione per le sofferenze altrui.
Nel Buddismo jihi può essere dunque tradotto più fedelmente come “togliere sofferenza e dare felicità”. Il concetto di ji – dare pace e sicurezza a tutti gli esseri viventi al mondo – assume il significato di “dare felicità” e hi quello di “togliere sofferenza a tutti gli esseri viventi”.


Molte persone hanno "compassione" di chi soffre, ma, soffrendo per il dolore dell'amico, provando pietà per la persona che sta male, non possono portargli felicità. Aggiungono dolore al dolore. Un'amica molto malata ci disse che la cosa più difficile non era la malattia, ma la pietà dei parenti, che le passava sopra come un treno.

La vera compassione è un'altra cosa, è rimanere nel cuore. Il chakra del cuore in sanscrito si chiama Anahata, che significa non colpito. Se rimaniamo nel cuore e non lasciamo che le nostre emozioni vengano trascinate nel dolore altrui, allora saremo in grado di alleviare la sofferenza con la nostra energia d'amore, rimasta intatta, e saremo capaci di portare felicità.
Nella compassione non c’è spazio per l’egoismo. Quando è autenica e profonda, si sviluppa fino ad abbracciare la vita nella sua totalità.

Se Madre Teresa non avesse provato la vera compassione, si sarebbe accasciata al suolo, sopraffatta dalla sofferenza che voleva alleviare.
La compassione è anche forza.


Grazie Drago. Shanti

Sii umile perché sei fatto di Terra, sii nobile perché sei fatto di Stelle.
Con la Luce di Michele nel cuore. shanti


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