Il Cigno - Simbologia

Le fiabe, le Creature magiche, i Draghi, sono solo racconti per bambini, o esistono veramente e hanno qualcosa da insegnare anche agli "adulti"...?
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Angel
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Il Cigno - Simbologia

Messaggioda Angel » 27/06/2010, 15:28


Cigno
Simbologia



"E una vecchiezza raggiunse bianca di morbida piuma
e questa terra lasciò,
salì dietro il canto alle stelle.”

(Eneide, X.192-3)




Origini:
Il suo nome deriva dal latino Cygnus e ancor prima dal greco Kyknos.
Il termine inglese Schwan (antico Svan), come l'inglese Swan, derivano dalla medesima radice, -kan, che, tra l'altro, è all'origine del latino cano (cantare).
Etimologicamente, quindi, il cigno è "il cantante".
Definizione curiosa per una specie che, notoriamente, non produce nessun verso particolarmente gradevole, nonostante le numerose leggende riguardo la sua voce splendida. Si dice che dopo una vita in silenzio, sia in punto di morte che innalzi agli dei il suo canto.
Nel Fedone platonico, Socrate afferma che il canto funebre del cigno esprimesse la gioia di reintegrarsi nel divino, del quale l’uccello era epifania.
Il canto del Cigno diviene sinonimo di ultimo atto glorioso, della fine onorevole della vita, poichè con il raggiungimento dello "stato perfetto" l'uomo è pronto per tornare "alle stelle", al Divino. Per tale motivo alcuni autori, come Socrate, associano il canto funebre del Cigno a qualcosa di positivo, a un'evoluzione spirituale.
È interessante che Omero ne lodi il canto, poiché i cigni erano pressoché sconosciuti nei paesi mediterranei e quelli in grado di cantare comparivano soltanto al Nord.
La vecchiaia legata all'animale, probabilmente, non si riferisce soltanto al candore delle piume in relazione alla capigliatura umana che si sbianca con l'età: il mito lo riconduce alla purezza, alla forza del Bianco e del Bene.
Rappresenta la luce dello spirito, la scintilla divina dell'uomo e la comunicazione fra gli elementi, fra i diversi mondi ed è considerato messaggero degli dèi, benefico e sacro, dotato di poteri di guarigione e magia legati al suo già citato canto.
Il suo volo è paragonato al ritorno dello spirito verso la propria sorgente, la riscoperta di se stessi e rappresenta la parte dell'uomo che tende al bene, al meglio di sé, alla perfezione, alla spiritualità.


Nelle leggende:
Fu consacrato in particolare al Sole, alle energie di calore, di luci e maschili, anche se sono molte anche le dee a cui questo animale viene associato, probabilmente in virtù della vicinanza all'elemento acqua e per via del candore, della purezza e della grazia cristallina. E del fascino esercitato dalla bianchezza delle piume e dalla figura elegante.
I suoi poteri di guarigione gli derivano proprio dall’essere legato all’acqua e al sole e fanno di esso l'intermediario per eccellenza. E' legato all’acqua, nella quale nuota; all’aria, dove vola, e alla terra, dove si posa. In quanto uccello acquatico egli vive immerso in questi tre ambienti così differenti tra loro.
Fu l'emblema di Febo Apollo, dal momento che presiedette alla nascita del dio, e a lui, dio della poesia e delle arti, era associato per via del presunto dolcissimo canto in punto di morte.
Durante la notte erano o cigni a trainare il carro di Apollo - di giorno i cavalli - e questo associa il candido uccello al panorama infero, ctonio, come se si muovesse sulla linea tra la vita e la morte.
Questo poichè la Terra con i suoi anfratti e lo stesso Cielo, spesso rimandano all’Aldilà, e l'Acqua, da sempre conduttore, ponte, strada maestra da percorrere e attraversare per giungere all’Oltremondo.
Nel mito raccontato da Ovidio, Cigno era il figlio di Stenelo, re dei Liguri. Quando Fetonte, per avere rubato il carro solare del padre Apollo, fu fulminato da Giove e cadde nell’Eridano (ovvero il fiume Po), Cigno, parente del defunto, ne pianse disperatamente la morte. Il dolore fu tanto forte, quanto le sue alte grida, che trasmutò nell candido uccello che adesso porta il suo nome.
In cigno si trasformò Zeus quando sedusse la bella Leda, generandole - unendosi al seme umano del marito di lei, Tindaro - Castore, Polluce, Elena e Clitemnestra.
Il cigno è l'animale sacro alla bionda Aphrodite per antonomasia. E' su di un cocchio ricavato da una cocnchiglia e trainato da cigni e colombe che la dea si muove sull'acqua e nel cielo.
In epoca romana fu simbolo del Cristo sulla croce.
Nella tradizione hindu, il cigno è sacro alla dea Saraswati, tutelare della guarigione, della saggezza, della purezza e della conoscenza. Il cigno diventa la sua cavalcatura, l'animale santo che la trasporta sul suo dorso. Esso ricorda la Shakti, ovvero l’energia vitale femminile che si risveglia e connette alla Terra. Ed è da un aureo uovo deposto da un cigno che sorse il dio Brhama.
Nell'Antico Egitto, il Cigno era personificazione della Dea del Cielo Nut, madre di Osiride, Iside e Seth: ella partorisce ogni mattina il Disco Solare - simboleggiata dall'altezza delle tre piramidi nella Piana di Giza - costituendo così l'Ordine Cosmico.
Nel regno ultraterreno di Sidhe della mitologia celtica, si sente di fanciulle fatate che si manifestano nel mondo umano sotto le spoglie di cigni bianchissimi, oranti di catenelle d'oro e d'argento, a testimonianza della loro natura divina.
Il dio cavaliere Oengus McOg si innamorò perdutamente di una fanciulla vista solo in sogno: quando la trovò, pur di diventare suo amante, si mutò in cigno. Stessa metamorfosi fu scelta da Midr, principe dei Tuatha Dè Danaan irlandesi, e dalla sua amante Etain, per fuggire nell'Oltremondo.
In meravigliosi cigni vennero tramutati i figli del Re irlandese Llyr dalla crudele matrigna e ridotti per secoli in tale condizione: mantennero però una voce così dolce che fu perfino terapeutica, in grado di
addirittura terapeutica e in grado di affascinare chiunque li ascoltasse.
Ci sono molte versioni di questa fiaba in molti paesi dell'Europa:


C'era una volta una fanciulla, figlia di Re, che viveva nel palazzo del padre insieme ai suoi sette fratelli.
Aveva soltanto pochi ricordi di sua madre, morta quando lei era molto piccola.
Venne tempo per il re di scegliersi una nuova sposa e la condusse al palazzo dai suoi bambini. La nuova moglie era una donna meschina e crudele e intendeva impadronirsi del regno a scapito del marito, oltraggiata inoltre dalla bellezza della Principessa e dei Principi.
Il Re fu costretto a partire per una guerra imminente e la Regina non perse tempo: fece rinchiudere la fanciulla in una torre altissima senza porte, dalla quale non sarebbe potuta uscire e cercò di uccidere i sette Principini con un incantesimo. Erano creature così pure, però, che non fu possibile per lei ucciderli e i ragazzi si trasformarono in sette cigni bellissimi, dal piumaggio candido, che volarono via.
Pur seccata, la Regina li lasciò andare, perché non li temeva.
Nella sua torre la Principessa pianse sette sere. All'alba vide arrivare in stormo sette cigni, che salirono fino alla sua finestrella, in alto. La presero con loro e volarono insieme lontano, tutto il giorno.
La Principessa trovò il fenomeno molto strano, ma per qualche ragione non aveva paura.
Con il calare del sole si fermarono e una volta toccata terra i sette uccelli si trasformarono in sette fanciulli bellissimi. Lo stupore della Principessa fu enorme quando riconobbe i suoi fratelli.
- E' stato l'incantesimo della Regina - le disse il più piccolo - in questo modo restermo per sempre cigni di giorno, ma di notte riprendiamo le nostre sembianze.
Pur avendoli ritrovati la Principessa si disperò per il loro triste destino.
Volle il caso che passasse per la foresta una vecchia. Era brutta e sporca e dal volto spaventoso, ma allungò la mano rinsecchita ad accarezzare i capelli della bambina.
Ascoltò la storia dei Principi e disse:
- Un modo per salvare i tuoi fratelli c'è: per sette anni piangi e riempi queste sette bottiglie che ti darò con le tue lacrime: esse sono sacre e ti proteggeranno. Vai nei cimiteri e raccogli l'ortica che cresce dietro le lapidi, macinala, ricava un filo dalle sue fibre e tessi sette camiciole. Quando dal tanto camminare avrai consumato queste sette paia di scarpe di ferro che adesso ti dono, allora potrai far indossare ai tuoi fratelli le camiciole ed esse li trasformeranno di nuovo nei ragazzi che erano, definitivamente. -
La bambina ringraziò la vecchia e la vide andare via lungo il fiume, sparì nel canneto dei passeri.
Per sette lunghi anni camminò, andò nei cimiteri e filò gomitoli di ortica.
Faceva tutto questo durante il giorno, piangendo le sue lacrime da imbottigliare e consumando le suole di ferro, con molta fatica, gli occhi rossi e le dita insanguinate dalle ortiche.
Al calare della sera però ritrovava i suoi fratelli. Tutti insieme si riunivano attorno a un fuoco che accendeva il più grande, mangiavano insieme e ridevano, raccontando alla sorella le avventure bellissime che avevano vissuto durante il giorno e le cose meravigliose che avevano visto volando a oriente.
Trascorsero così sette anni.
Intanto la Regina viveva nel palazzo che non le apparteneva ed era giunta notizia che il re fosse morto in battaglia, lontano.
Così la donna era andata alla torre per uccidere la Principessa, ma si era accorta della sua fuga. In un attimo aveva capito quello che era successo e furiosa si era messa alla ricerca dei Principi con le sue arti magiche.
Un pomeriggio trovò la Principessa seduta lungo la sponda di un fiume, intenta a tessere.
Era ormai arrivata all'ultima camiciola, di tutto il lavoro preteso dalla nonnina del bosco non le mancava che l'ultima manica dell'abitino.
La Regina le fu subito addosso, cercando di pugnalarla con un coltello d'argento e strapparle il cuore. Subito però accorsero in suo aiuto sette splendidi cigni che beccarono la Regina, tenendola lontana dalla ragazza.
Mentre i cigni lottavano, la Principessa gettò le camicie su tutti loro. La prima, e il primo cigni diventò un giovane uomo. La seconda. La terza.
E così via per tutte, fino all'ultima, alla quale mancava una manica.
I Principi, ritrovarte le loro sembianze, estrassero le spade e insieme uccisero la malvagia Regina e riabbracciarono finalmente la sorella che li aveva salvati.
Tornarono insieme nel loro castello dove divennero tutti Re con una nuova Regina.
Solo il più piccolo, anche se tornò giovanetto, conservò per sempre un ala di cigno, quella che non era stata coperta dalla manica mancante della camiciola, e fu per tutti come un ammonimento sacro.



Il candido piumaggio lo lega all’idea di luminosa purezza, tanto che nel medioevo esso divenne l’emblema della cavalleria mistica: un valido esempio è Lohengrin, il Cavaliere del Cigno, che si impegnò nella ricerca del Graal.
Nel 1440, inoltre, fu fondato come ordine cavalleresco l’”Ordine del Cigno” , rinnovato, poi dal re tedesco Federico Guglielmo II nel 1843, come ordine secolare di carità, tuttavia non entrò mai in vigore.
Questo nobile uccello acquatico incarna lo Spirito, l’anima, il divino che dimora nell'uomo. Rappresenta ciò che di benefico c’è.
Sempre nel medioevo, tuttavia, acquisì anche un significato negativo, di falsità e ipocrisia, ponendo l'accento sul contrasto tra le sue bianche piume e le carni completamente nere:
”In tal modo è un’immagine dell’ipocrisia, la cui carne nera e peccaminosa è celata dalle bianchi vesti. Quando il cigno viene spogliato dal suo piumaggio bianco, la sua carne nera si arrostisce al fuoco. E così l’ipocrita alla sua morte viene spogliato di ogni ornamento terreno e scende nel fuoco dell’inferno”.

La Costellazione:
Il Cigno (in latino Cygnus) è una costellazione settentrionale. È una delle 48 costellazioni elencate da Tolomeo, ed è anche una delle 88 moderne costellazioni. A causa della disposizione delle sue stelle principali, è a volte chiamato la Croce del Nord (in contrasto con la Croce del Sud).
Cygnus rappresenta un cigno che spicca il volo dalla Via Lattea estiva, volando verso sud.
Si trova in una regione particolarmente ricca della Via Lattea che, nelle notti buie, si può vedere divisa in due da una banda di polveri scure, chiamata Sacco di Carbone boreale o Fenditura del Cigno. In questa costellazione estiva si trovano alcuni tra gli oggetti più affascinanti, fra i quali una sorgente di raggi X, Cygnus X-1, che si pensa indichi la posizione di un buco nero e si trova nei pressi di h Cygni, e le nebulose Nordamerica, nube di gas luminoso di forma simile a quella del continente nordamericano e l’eterea nebulosa Velo.
Essa prende nome dalle leggende già accennate in precedenza a proposito del giovane Cigno, mutato in uccello per la troppa angoscia, o di che Zeus in quelle sembianze prende Leda.
Quella del Cigno è una costellazione brillante e di grandi dimensioni; si tratta di una delle figure più tipiche dell'emisfero boreale, disposta lungo la Via Lattea in un suo tratto molto ricco e in cui questa appare divisa in due in senso longitudinale da una serie di nebulose oscure nota come Fenditura del Cigno. La forma della costellazione, ben riconoscibile nei cieli da giugno a novembre, ricorda una grande croce, con l'asse maggiore formato dalle stelle Deneb e Albireo, e l'asse minore formato da Gienah e Rukh; il punto di intersezione degli assi è invece rappresentato dalla stella Sadr. Anche l'area di cielo priva di stelle luminose in direzione nordest appartiene a questa costellazione.
La parte settentrionale del Cigno si presenta circumpolare a nord del 35° parallelo nord, mentre Deneb non tramonta mai oltre i 44°N; la costellazione pertanto è una delle dominanti in assoluto per gli osservatori dall'emisfero nord. Dall'emisfero sud invece resta molto bassa sull'orizzonte settentrionale, mostrandosi completamente solo nella fascia più calda della zona temperata.
La parte centrale della costellazione possiede uno dei campi stellari più ricchi della Via Lattea, in cui abbondano associazioni di stelle e sul cui sfondo si staglia una vasta nebulosità, distante alcune migliaia di anni luce, visibile nelle immagini sensibili al vicino infrarosso.
La stella più brillante del Cigno, Deneb, segna il punto della coda del cigno; il nome le viene da dhanab che in arabo significa «coda». I Greci non diedero un nome a questa stella ben visibile. Deneb infatti è una stella supergigante molto brillante, quasi 2000 anni luce distante, la più lontana di tutte le stelle di I grandezza. Forma un angolo del cosiddetto Triangolo Estivo, triangolo completato da Vega nella costellazione della Lira e Altair in quella dell'Aquila.
Il becco del cigno è segnato da una stella che si chiama Albireo. Lo storico tedesco Paul Kunitzsch ne ha tracciato il percorso tortuoso seguito dal nome: iniziò con una traduzione in arabo della parola greca che stava per «uccello», ornis, il nome con il quale questa costellazione era nota sia ad Arato di Soli che a Tolomeo. Nel Medioevo questo nome arabo fu tradotto in latino, ma male, e divenne ab ireo, implicando che si credeva derivasse dal nome di una certa erba. Questa definizione fu a sua volta erroneamente ritenuta di provenienza araba e riscritta albireo. Ecco che il nome Albireo, sebbene possa sembrare arabo, non ha nessun significato.

Simbologia Alchemica:
Il Cigno è un simbolo antichissimo, tra i più importanti e ricchi di significato in senso assoluto . Esso è completa realizzazione dell'Unico, avendo in sè il Maschile - il collo lungo che richiama il simbolo fallico - quanto il Femminile - il corpo bianco, candido e rotondo. Il Cigno simboleggia quindi l'Androgino assoluto, il perfetto Uovo del Mondo che fonde in se stesso i due poli opposti, nella perfezione come nella tensione dell'equilibrio, nella ricerca alchemica.
In Alchimia il Cigno è associato all'elemento mercurio si lega all'Albedo e viene associato alla costanza: il processo di calcinazione (in cui si culminava dopo quello di putrefazione) rappresenta la seconda fase della Grande Opera. L'alchimista ha scoperto dentro di sé la natura ermafrodita dell'Uomo.
Lo Spirito è infatti androgino, in quanto la differenziazione dei sessi è un fatto puramente materiale. Scoprendo la sua anima asessuata, l'alchimista può ritrovare la natura interiore e proseguire verso la fase successiva.
Associata a Venere, ad Hathor, alla Dea Anat e all'Aurora, l'Albedo però non deve ingannare e far credere di aver già raggiunto lo scopo della Grande Opera: ci insegna al contrario che occorre continuare nel proprio percorso interiore.
La concezione che il Cigno fosse collegato alla realizzazione dei desideri, facilitò l’accostamento alla fase del processo di calcinazione che, per sua peculiare caratteristica (la materia assumeva un colore bianco latte), ingannò gli sperimentatori facendo credere di aver raggiunto la purezza assoluta. L’associazione al Cigno, dello stadio temporaneo, fu una conseguenza di quanto gli alchimisti osservarono nel compiere la loro opera seguendo la via umida. Infatti la materia, una volta calcinata per via umida, alle volte formava una crosta che si rompeva sotto riscaldamento, liberando cristalli bianchi assomiglianti a dei cigni galleggianti sopra le acque di un lago. Quando la via seguita era la secca la fase veniva contraddistinta dal simbolismo dell’aquila bianca.
Il Cigno è sempre punto di inizio, legato alla nascita e alla perfezione, così come alla ciclicità del cosmo: le popolazioni antiche vedevano la sua costellazione puntare il Polo Nord come una guida nel cammino.
Ci potrebbe essere stata una sovrapposizione di simboli tra quello del Cigno e quello della Cicogna che porta i bambini, per questo illustrare una vita che comincia. Tra l'altro anticamente Cigno di pronunciava Cicnu, termine chiaramente associabile alla Cicogna. Questa connessione con la fertilità spiega come nei paesi nordici uccidere questo uccello porti gravi sciagure, come la morte dell'assassino entro un anno.

Simbologia Totemica:
Il Cigno rappresenta in sè l'atto simbolico di accettare la grazia che viene portata dal cambiamento. Accettandolo, si trasforma da brutto anatroccolo a uccello candido, elegante e maestoso.
Accettata questa grazia, può portarsi finalmente oltre le apparenze, nel tempo del sogno.
Chi entra in possesso della forza del Cigno è capace di mantiche e divinazioni, poichè vedere il futuro è in grado di accettarlo senza riserve.
Il Cigno porta sul suo dorso la nostra coscienza e vola fino a porla in armonia con tutti i livelli dell'essere. Esso sviluppa la nostra intuizione.


I cigni neri:
Il cigno nero è un animale metafora: che smentisce ogni nostra previsione.
Prima della scoperta dell’Australia si credeva che tutti i cigni fossero bianchi e quindi si era creato l’assunto: "Tutti i cigni sono bianchi".
Una volta giunti in Oceania si venne a scoprre una varietà di cigno nera, che rompeva quest'assunto.
Da allora il termine ‘cigno nero’ è stato usato per indicare tutti quegli eventi, non previsti, che in qualche modo vanno ad alterare la visione comune delle cose.
Viene chiamato "Cigno Nero" un evento altamente improbabile, con tre caratteristiche fondamentali.
Primo: è isolato e imprevedibile.
Secondo: ha un impatto enorme.
Terzo: la nostra natura ci spinge ad architettare a posteriori giustificazioni della sua comparsa, per renderlo meno casuale di quanto non sia in realtà.
Siamo fatti per rendere manifesta la gloria dell'Universo... che è in noi
Angel

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